Con il recente parere n. 3342 (del 3 aprile 2025), l’ufficio legale di supporto del Mit affronta la questione dei rapporti tra affidamento diretto e rotazione, in particolare, circa il tempo che deve trascorrere per poter riaffidare delle prestazioni che rientrino, come spiega l’articolo 49, comma 2 del codice dei contratti «nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi». Nel caso di specie si è trattato di incarichi per consulenza e progettazione «di un sistema di trasporto locale» e, quindi, della possibilità di riaffidare l’incarico.
La perplessità dell’instante nasce dal fatto che «avendo il tecnico», già affidatario «maturato conoscenze tecniche specifiche si pone il problema di un affidamento diretto allo stesso (…) in elusione del principio di rotazione». In particolare, stante il primo incarico avvenuto nel 2003, viene richiesto «se è da ritenersi decorso il termine temporale sufficiente per procedere ad un nuovo affidamento diretto».
Il principio della rotazione
L’articolo 49 del codice, per la prima volta, introduce nell’ordinamento giuridico degli appalti un vero e proprio (autonomo) micro sistema normativo fissando (in modo perentorio) la regola dell’alternanza degli affidamenti (non anche degli inviti come le pregresse linee guida Anac n. 4). Non a caso, il secondo comma fin dall’esordio – dopo che il primo comma chiarisce la valenza imperativa del principio nel sottosoglia -, spiega che «è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi».
La disposizione, quindi, non pone limiti temporali, visto che ciò che rileva è il fatto relativo al precedente affidamento ma è altresì vero che questa «carenza» di riferimenti non può essere oggetto di approccio arbitrario del RupP (che non può frazionare gli affidamenti e/o non applicare il principio senza oggettive motivazioni). Non a caso l’impianto normativo è stato di recente (con il decreto legislativo 209/2024) addirittura inasprito dal legislatore. In particolare nel caso dell’affidamento in caso di carenza di alternative nel mercato.
In questo senso, attualmente, il comma 3 dell’art. 49 puntualizza che «in casi motivati, con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, previa verifica dell’accurata esecuzione del precedente contratto nonché della qualità della prestazione resa, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto». In pratica, per poter riaffidare, il Rup deve certificare l’esistenza di tutte le condizioni appena richiamate. L’ipotesi, pertanto, costituisce autentica eccezione.
Nei casi restanti, commi 3, 5 e 6, il legislatore consente, rispettivamente, l’applicazione della regola dell’alternanza (con uno specifico regolamento in cui vengono disciplinare le fasce di importo con la conseguente applicazione della rotazione solamente nell’ambito della fascia).
Il comma 4, invece, come sta emergendo nella giurisprudenza recente, è un’ipotesi che riguarda solamente le procedure negoziate.
Pertanto, il pregresso contraente può risultare nuovo affidatario (in una procedura negoziata) – anche nel caso di prestazioni omologhe -, solo se il Rup pubblica un avviso a manifestare interesse consentendo agli interessati, in possesso dei requisiti, di partecipare alla successiva gara. In questo caso, la rotazione non deve essere applicata salvo specifiche ragioni. Infine, comma 6, è consentita una deroga al principio solo per i micro importi (sempre che non venga attuata una dinamica di frazionamenti).
La risposta del Mit
Nel riscontro, l’ufficio di supporto chiarisce che l’art. 49 non prevede un limite temporale «al di là del quale è consentito procedere all’affidamento del contratto veniente in rilievo all’operatore economico affidatario uscente». Il riferimento guida che deve condizionare l’azione del Rup, si spiega, attiene all’oggetto della «commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi». Si tratta di una precisa scelta del legislatore quella di esprimere l’unico riferimento alla categoria merceologica.
Da notare che le linee guida 4 Anac suggerivano un riferimento triennale sempre che non venissero, evidentemente, attuate dinamiche strumentali e/o artificiosi frazionamenti.
La posizione espressa, pertanto, nell’articolo 49 deve intendersi maggiormente rigorosa anche per la necessità di realizzare un serio contrappeso all’importante semplificazione introdotta con il codice (ad esempio anche sulle micro soglie per cui è possibile procedere senza gara).
Il parere, quindi, nel suo epilogo rimette al Rup la necessaria considerazione della «categoria merceologica del settore di attività per il quale è richiesto il servizio e, se del caso, al ricorrere dei presupposti» applicare proprio l’ipotesi eccezionale di cui al ricordato comma 4.