Il datore di lavoro, in presenza di un trasferimento collettivo di dipendenti, suscettibile come tale di cambiamenti per l’assetto organizzativo aziendale incidenti negativamente sulle condizioni contrattuali dei lavoratori stessi, è tenuto a informare preventivamente le rappresentanze sindacali e a svolgere la consultazione.
Il mancato coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori costituisce una condotta antisindacale, perché risulta elusa la normativa (Dlgs 25/2007) che impone alle imprese di svolgere una fase di informazione e consultazione sindacale preventiva rispetto alle decisioni foriere di rilevanti cambiamenti sul piano organizzativo aziendale.
Rientra in questo quadro normativo lo spostamento della sede di lavoro, comunicata a circa 30 dipendenti, in ragione dell’imminente cessazione di un appalto, da cui è conseguita la decisione dei lavoratori destinatari della lettera di trasferimento di rassegnare le dimissioni.
A questa conclusione è pervenuta la Corte d’appello di Ancona (sentenza 29 del 18 gennaio 2025), rilevando che, in attuazione dell’articolo 4 del Dlgs 25/2007, con cui è stata recepita la direttiva 2002/14/Ce, l’informativa e la consultazione sindacale devono precedere (e non seguire) l’applicazione della scelta organizzativa datoriale, quando essa «sia di importanza tale da incidere sul complessivo assetto organizzativo aziendale».
La ricerca di soluzioni idonee al contemperamento delle esigenze dell’impresa con gli interessi dei lavoratori, che è la finalità perseguita dall’impianto normativo di derivazione europea, può essere svolta in modo idoneo solo se il coinvolgimento dei rappresentanti sindacali interviene in via preventiva rispetto all’applicazione dei trasferimenti collettivi.
La Corte d’appello è consapevole che le modalità temporali e i contenuti dell’informazione previsti dal Dlgs 25/2007 devono essere individuati dalla contrattazione collettiva, ma rimarca che, ove difettino, i relativi obblighi devono essere, comunque, assolti entro un congruo termine anteriore rispetto al momento in cui si perfeziona la scelta organizzativa imprenditoriale.
Una modifica della sede di lavoro «di non scarsa importanza» genera una oggettiva prevedibilità delle dimissioni, rendendo il provvedimento datoriale equiparabile, in sostanza, all’esercizio del potere di recesso. Tuttavia, mentre in recenti approdi della giurisprudenza si è associata a questa conclusione la violazione della procedura sui licenziamenti collettivi, la Corte d’appello di Ancona ne limita l’effetto alla necessità di coinvolgere tempestivamente, quindi preventivamente, le rappresentanze sindacali. Per la Corte è dirimente che i lavoratori abbiano reso le dimissioni in massa, perché questa opzione ha reso superflua la verifica sull’applicabilità della procedura collettiva di esuberi.
La sentenza è di indubbio interesse perché, pur muovendosi nel solco di recenti approdi della giurisprudenza, che censurano i trasferimenti collettivi non preceduti dal coinvolgimento dei rappresentanti sindacali, se ne distacca rispetto alle conseguenze. Si prevede, infatti, che l’omessa informativa preventiva, avendo i lavoratori reso le dimissioni, non rilevi sul piano della legge 223/1991 sui licenziamenti collettivi, bensì rispetto agli obblighi di informazione previsti dal Dlgs 25/2007. Si prevede, inoltre, che l’informazione preventiva e la successiva fase di consultazione operino anche se il contratto collettivo applicato dal datore non ne ha definito le modalità attuative.
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Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore