Share:

Attività stagionali da definire con precisione nei Ccnl

In materia di contratti stagionali, la circolare 6/2025 del ministero del Lavoro contiene da un lato la sottolineatura della conformità della norma di interpretazione autentica del Collegato lavoro (articolo 11 della legge 203/2024) ai chiarimenti in precedenza forniti dal ministero stesso, dall’altro una sorta di ammonimento alla contrattazione collettiva. I contratti a termine per attività stagionali godono di particolari esenzioni rispetto ai vincoli previsti in via generale per quelli a tempo determinato: non sono soggetti al limite complessivo di durata dei 24 mesi; sono esenti dall’obbligo di causale per proroghe e rinnovi (la stagionalità stessa è una causale); non devono rispettare il cosiddetto stop & go (intervalli minimi tra un contratto e l’altro), sono esenti dai limiti quantitativi previsti dalla legge (20% dell’organico stabile) o dai contratti collettivi. Per contro, il lavoratore stagionale ha un diritto di precedenza nelle successive assunzioni a termine per motivi di stagionalità. La particolare (più flessibile) disciplina rende evidente l’importanza della definizione di attività stagionali. L’articolo 21, comma 2, del Dlgs 81/2015definisce come tali quelle elencate dal Dpr 1525/1963, nonché quelle individuate dai contratti collettivi. La contrattazione collettiva (anche di secondo livello), negli anni successivi, ha fatto ampiamente uso di questa facoltà anche in considerazione della particolare vetustà dell’elencazione ministeriale, non più particolarmente aderente alla realtà produttiva. Sono state così classificate come stagionali attività legate al riproporsi di situazioni di intensificazione dell’attività in determinati periodi dell’anno, non necessariamente correlate alle stagioni in senso stretto. Un restrittivo orientamento giurisprudenziale ha però fortemente limitato (se non addirittura contrastato) l’esercizio da parte dei contratti collettivi della facoltà di individuazione delle ipotesi di stagionalità. Una sentenza della Cassazione (9243/2023) ha infatti introdotto una distinzione, per il vero piuttosto oscura, tra «attività stagionali» (da intendersi in senso stretto come limitate a una specifica stagione) e «punte di stagionalità» (intensificazioni ricorrenti dell’attività in determinati periodi dell’anno), escludendo queste ultime dalla nozione legale di stagionalità. Nella fattispecie, è stata considerata illegittima una norma del Ccnl del trasporto aereo che individuava come attività stagionale i picchi di lavoro nei periodi luglio-settembre e dicembre-gennaio. Ne è derivata una situazione di incertezza circa il margine di azione della contrattazione collettiva. A ciò ha posto rimedio il Collegato lavoro che, con una norma di interpretazione autentica, ha chiarito che «rientrano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, le attività organizzate per far fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico produttive o collegate a cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge». È stata così garantita e posta al riparo da interpretazioni eccessivamente restrittive la libertà della contrattazione collettiva di individuare ipotesi di stagionalità aderenti alle specifiche realtà produttive. La scelta di utilizzare la tecnica della norma di interpretazione autentica è finalizzata alla retroattività della disposizione, che quindi “salva” i contratti collettivi stipulati prima della sua entrata in vigore, come peraltro espressamente chiarito, ad abundantiam, nella norma stessa. Il ministero del Lavoro, come si diceva, rimarca di aver già adottato, nelle precedenti prese di posizione, l’interpretazione oggi fatta propria dal legislatore. Ma rivolge nel contempo un monito alla contrattazione collettiva che, conclude la circolare 6/2025, non potrà limitarsi a un richiamo formale della nuova disposizione, ma dovrà chiarire specificamente e in concreto in che modo le caratteristiche previste dalla norma si riscontrino nelle attività definite come stagionali, al fine di evitare possibili profili di contrasto con la direttiva 1999/70/Ce sul contratto a tempo determinato.
Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore