Share:

Versamento a titolo di indennizzo e risarcimento del danno biologico

La Corte di Cassazione – ordinanza n° 24401 del 29 settembre 2021 – ha (ri)confermato, in tema di infortunio sul lavoro con particolare riguardo al cosiddetto danno differenziale che quest’ultimo spetta ai lavoratori che dimostrino di aver subito, in ragione di un fatto illecito commesso dal datore di lavoro o da un terzo, un danno maggiore rispetto a quello che l’Inail gli ha risarcito.
Nel caso de quo, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva parzialmente accolto le domande avanzate da un lavoratore nei confronti dell’impresa di cui era stato dipendente a tempo determinato e disposto la condanna al pagamento di una somma a titolo di danno differenziale conseguente all’inabilità permanente residuata da un infortunio sofferto.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il datore di lavoro sostenendo che non sarebbe stata dimostrata l’esistenza di patimenti che avrebbero giustificato il riconoscimento del danno differenziale nella misura del 40%, come ritenuto immotivatamente dalla Corte di Appello.  

Orbene, la Suprema Corte ha respinto il ricorso evidenziando che, le somme eventualmente versate dall’Inail a titolo di indennizzo, ex art. 13 del D.Lgs. n°38/2000,  non possono considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al soggetto infortunato o ammalato, sicché, a fronte di una domanda del lavoratore che chieda al datore di lavoro il risarcimento dei danni connessi all’espletamento dell’attività lavorativa (nella specie, per demansionamento), il giudice adito, una volta accertato l’inadempimento, dovrà verificare se, in relazione all’evento lesivo, ricorrano le condizioni soggettive ed oggettive per la tutela obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali stabilite dal DPR n°1124/1965, ed in tal caso, potrà procedere, anche di ufficio, alla individuazione dei danni richiesti che non siano riconducibili alla copertura assicurativa (id: danni complementari), da risarcire secondo le comuni regole della responsabilità civile; ove siano dedotte in fatto dal lavoratore anche circostanze integranti gli estremi di un reato perseguibile di ufficio, potrà pervenire alla determinazione dell’eventuale danno differenziale. La Corte territoriale, hanno concluso gli Ermellini, ha fatto corretta applicazione dei principi ricordati e non è incorsa in alcuna violazione delle regole dettate in ordine alla distribuzione degli oneri probatori atteso che il lavoratore ha puntualmente allegato i fatti poi accertati nel corso del giudizio per il tramite di accertamento peritale disposto d’ufficio.