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Trattamento fiscale del Premio di risultato nelle società a partecipazione pubblica

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 296 del 14 aprile 2023, ha fornito ulteriori chiarimenti in merito al riconoscimento, da parte dei lavoratori di società a partecipazione pubblica, del regime agevolato di tassazione delle somme erogate a titolo di premio di risultato ai propri dipendenti, qualora sia stato raggiunto uno degli obiettivi previsti dalla contrattazione aziendale.

 La Risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 1, commi da 182 a 189, della legge di Stabilità 2016 prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali nella misura del 10 per cento sui «premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa».

Il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze emanato in data 25 marzo 2016 (di seguito, il decreto), contente le disposizioni attuative all’articolo 2, comma 1, definisce i ”premi  di risultato” come «somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione».

Su tale disposizione sono stati forniti chiarimenti nelle circolari 15 giugno 2016, n. 28/E e 29 marzo 2018, n. 5/E, cui si rinvia per eventuali approfondimenti.

Per i premi e le somme erogati nell’anno 2023, l’aliquota dell’imposta sostitutiva, di cui al comma 182 è ridotta al 5 per cento, come disposto dall’articolo 1, comma 63, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023).

Riguardo ai criteri incrementali ai quali devono essere ancorati i premi di risultato, il comma 2 dell’articolo 2 del citato decreto ne rinvia la definizione alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale, la quale deve «prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, che possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso     la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, rispetto ad un periodo congruo definito dall’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati».

Ai fini dell’applicazione della misura agevolativa, il comma 187 della legge      di Stabilità 2016 stabilisce che l’erogazione delle somme avvenga «in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81», il quale, in particolare, stabilisce che, salvo diversa previsione, «per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria».

Resta fermo che tali contratti devono, pertanto, individuare criteri di misurazione degli incrementi il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati.

La citata circolare n. 28/E del 2016 chiarisce che per quanto riguarda il datore  di lavoro, ai sensi del comma 186 della legge di Stabilità 2016, l’agevolazione risulta riservata ai lavoratori del settore privato. A tal fine, tale documento richiama la circolare 22 ottobre 2008, n. 59 (par. 15) nella quale è stato chiarito che sono escluse dalla applicazione della norma agevolativa le Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ossia «tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».

La citata circolare n. 28/E del 2016, inoltre, ha chiarito che «Nell’ambito del settore privato, individuato, per esclusione, nei datori di lavoro che non rientrano tra le amministrazioni di cui al Decreto legislativo n. 165 del 2001, il beneficio può essere attribuito anche in relazione ai premi erogati ai propri dipendenti da enti del settore privato che non svolgono attività commerciale».

Nel caso in esame, l’Istante, chiede chiarimenti circa il regime fiscale da applicare alle somme erogate a titolo di premio di risultato ai propri dipendenti, considerata l’attività svolta, ovvero l’erogazione di servizi pubblici.

A tal riguardo la circolare 28/E del 2016 al paragrafo 1.1 intitolato ”Ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione”, chiarisce che «nell’ambito del settore privato, individuato, per esclusione, nei datori di lavoro che non rientrano tra le amministrazioni di cui al Decreto legislativo n. 165 del 2001, il beneficio può essere attribuito anche in relazione ai premi erogati ai propri dipendenti da enti del settore privato che non svolgono attività commerciale. Al riguardo, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (con nota del 13 marzo 2015), fornendo un parere alla scrivente ha chiarito che, secondo quanto precisato dalla circolare n. 59 del 2008, l’espressione somme erogate a livello aziendale va inteso in senso atecnico, con la conseguenza che il beneficio può essere attribuito anche ai datori di lavoro non imprenditori e che il riferimento al settore privato sembrerebbe finalizzato solo ad escludere le pubbliche amministrazioni.

Tale orientamento interpretativo può ritenersi, in linea di principio, aderente anche al contenuto del comma 186 dell’articolo 1 della legge di Stabilità, naturalmente nella misura in cui risultino comunque rispettati gli altri presupposti richiesti dalla normativa agevolativa con riferimento, in particolare, alla correlazione tra i premi e i requisiti di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione come definiti dalla contrattazione collettiva secondo le indicazioni del Decreto».

Nel caso in esame, secondo quanto dichiarato, alla società istante «deve essere attribuita la natura giuridica disciplinata dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 di società in ”house” a partecipazione pubblica della tipologia a controllo pubblico».

Pertanto, nel presupposto che la società non rientri tra le amministrazioni pubbliche di cui al richiamato articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, qualora sia raggiunto uno degli obiettivi previsti dalla contrattazione aziendale, sentito anche il competente Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, si ritiene applicabile il regime agevolato di cui ai commi da 182 a 189, della legge di Stabilità 2016, nel rispetto dei criteri ivi previsti.