La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9754 del 12 aprile 2023, ha statuito che in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quando la ragione del recesso consiste nella soppressione di uno specifico servizio legato alla cessazione di un appalto e non si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, il nesso causale tra detta ragione e la soppressione del posto di lavoro è idoneo di per sé a individuare il personale da licenziare, senza che si renda necessaria la comparazione con altri lavoratori dell’azienda e l’applicazione dei criteri previsti dall’art. 5, Legge n. 223/1991.
Nel caso in esame un lavoratore proponeva, nei confronti di una cooperativa di cui era socio e di una società srl, domanda di impugnazione del licenziamento ritenuto illegittimo per nullità della procedura prescritta dalla Legge n. 223/1991, insussistenza del giustificato motivo oggettivo su cui esso era fondato, violazione dell’art. 2112 c.c. e conseguente condanna risarcitoria delle due società, nonché domanda di accertamento del trasferimento d’azienda tra le due società e del suo diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con la cessionaria, da condannare al relativo ripristino.
La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, rigettava l’appello del lavoratore ritenendo che il licenziamento non potesse essere considerato collettivo atteso che mancavano i presupposti numerici e dimensionali per tale qualifica. Tuttavia, riconosceva la sussistenza di licenziamenti plurimi oggettivi, basandosi sulla soppressione comprovata dei posti di lavoro e la correlazione causale tra questa necessità e il licenziamento dei dipendenti. Inoltre, la Corte d’Appello negava la ricorrenza di un trasferimento d’azienda tra le due società e, di conseguenza, rigettava la richiesta del lavoratore di continuità del rapporto di lavoro con la cessionaria.
Avverso tale decisione il lavoratore presentava ricorso per Cassazione. La Corte suprema sottolineava che, nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo legato alla soppressione di un servizio collegato alla cessazione di un appalto, non è necessario confrontare tale lavoratore con altri dipendenti dell’azienda e applicare i criteri previsti dalla Legge n. 223/1991. Il nesso causale tra la ragione del recesso e la soppressione del posto di lavoro è sufficiente per giustificare il licenziamento. Evidenziava, inoltre, che, a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 223 del 1991, il licenziamento collettivo e il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo sono distinti e autonomi. In particolare, la previsione, nei licenziamenti collettivi per riduzione di personale, degli artt. 4 e 5 della Legge n. 223/1991, di procedimentalizzazione puntuale, completa e cadenzata del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell’iniziativa imprenditoriale sul ridimensionamento dell’impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda: con la conseguenza che i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale, a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo. In conclusione, la Corte accoglieva il ricorso e rinviava alla Corte d’Appello.
Nel caso in esame un lavoratore proponeva, nei confronti di una cooperativa di cui era socio e di una società srl, domanda di impugnazione del licenziamento ritenuto illegittimo per nullità della procedura prescritta dalla Legge n. 223/1991, insussistenza del giustificato motivo oggettivo su cui esso era fondato, violazione dell’art. 2112 c.c. e conseguente condanna risarcitoria delle due società, nonché domanda di accertamento del trasferimento d’azienda tra le due società e del suo diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con la cessionaria, da condannare al relativo ripristino.
La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, rigettava l’appello del lavoratore ritenendo che il licenziamento non potesse essere considerato collettivo atteso che mancavano i presupposti numerici e dimensionali per tale qualifica. Tuttavia, riconosceva la sussistenza di licenziamenti plurimi oggettivi, basandosi sulla soppressione comprovata dei posti di lavoro e la correlazione causale tra questa necessità e il licenziamento dei dipendenti. Inoltre, la Corte d’Appello negava la ricorrenza di un trasferimento d’azienda tra le due società e, di conseguenza, rigettava la richiesta del lavoratore di continuità del rapporto di lavoro con la cessionaria.
Avverso tale decisione il lavoratore presentava ricorso per Cassazione. La Corte suprema sottolineava che, nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo legato alla soppressione di un servizio collegato alla cessazione di un appalto, non è necessario confrontare tale lavoratore con altri dipendenti dell’azienda e applicare i criteri previsti dalla Legge n. 223/1991. Il nesso causale tra la ragione del recesso e la soppressione del posto di lavoro è sufficiente per giustificare il licenziamento. Evidenziava, inoltre, che, a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 223 del 1991, il licenziamento collettivo e il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo sono distinti e autonomi. In particolare, la previsione, nei licenziamenti collettivi per riduzione di personale, degli artt. 4 e 5 della Legge n. 223/1991, di procedimentalizzazione puntuale, completa e cadenzata del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell’iniziativa imprenditoriale sul ridimensionamento dell’impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda: con la conseguenza che i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale, a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo. In conclusione, la Corte accoglieva il ricorso e rinviava alla Corte d’Appello.