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Riscossione, doppia via per le rate: subito a dieci anni per chi è più in crisi

Estensione decisa degli accertamenti esecutivi per accelerare gli incassi delle tasse non versate spontaneamente; semplificazione e ampliamento delle rate per venire incontro ai contribuenti in difficoltà; data di scadenza quinquennale degli atti di accertamento per interrompere la crescita costante del magazzino degli arretrati; e uno scudo erariale per provare a liberare l’attività di riscossione dalla paura del processo contabile.

La riforma della riscossione approvata ieri in prima lettura dal consiglio dei ministri tenta una riscrittura a tutto campo del sistema di obblighi e tutele che guidano l’attività di recupero di tasse e contributi, in particolare sul terreno delle azioni coattive che scattano quando i contribuenti non si presentano puntuali all’appuntamento con la cassa.

In 17 articoli, il decreto attuativo di uno dei capitoli più delicati della delega fiscale tenta una riforma complessiva che muove da due presupposti: il sistema adottato fin qui non funziona, avendo creato nel conto degli arretrati numeri decisamente più consistenti di quelli assicurati nelle liste degli incassi effettivi, e accanto agli strumenti più affinati nel contrasto all’evasione vera e propria occorrono aiuti maggiori per evitare la cosiddetta evasione da riscossione, che si verifica quando i contribuenti presentano le dichiarazioni ma poi non riescono a pagare il conto.

All’obiettivo di accorciare la strada fra la contestazione e il pagamento risponde l’addio al ruolo con l’estensione a tutto campo dell’accertamento esecutivo, lo strumento avviato nel 2011 che negli atti dell’amministrazione finanziaria inserisce già l’intimazione a pagare entro le scadenze previste dalla legge. Con la riforma, quella che il Fisco chiama la «concentrazione della riscossione nell’accertamento» si estende praticamente a tutto, con qualche eccezione rappresentata ad esempio dagli atti sul registro.

Nel nome della semplificazione, ma questa volta a vantaggio dei contribuenti, si apre una via automatica per i mini-rimborsi: quelli fino a 500 euro, con una nuova regola destinata a entrare in vigore subito dopo l’approvazione definitiva della riforma, imboccheranno una corsia preferenziale, che non impone all’agenzia delle Entrate di verificare eventuali iscrizioni a ruolo a carico del contribuente con cui attivare le compensazioni.

Per chi è in difficoltà invece le novità più rilevanti arrivano nelle prospettive delle rateazioni, che per gli atti di accertamento emessi dal 1° gennaio prossimo vedono allungarsi il calendario dei pagamenti con un sistema progressivo. . Nel testo esaminato dal Cdm, scritto al termine di un intenso confronto fra il dipartimento Finanze e la Ragioneria generale, la progressione si sdoppia. Il primo meccanismo riguarda i contribuenti con debiti fino a 120mila euro che autodichiarano la propria condizione di difficoltà: in questo caso le rate salgono dalle attuali 72 a 84 nel 2025-26, a 96 nel 2027-28 e a 108 a partire dal 2029.

Quando invece i contribuenti documentano il proprio affanno con l’Isee nel caso delle persone fisiche o delle ditte individuali o con i dati contabili (indice di liquidità; rapporto fra debito e valore della produzione), le rate potranno salire a 120 già dall’anno prossimo. In questi casi, la dilazione decennale sarà generalizzata per i debiti sopra 120mila euro, mentre per le cifre inferiori accanto al numero massimo di rate è previsto un minimo in salita con la stessa progressione vista sopra (almeno 85 rate per le richieste presentate nel 2025-26, 97 nel 2027-28 e 109 dal 2029).

Il tratto piuttosto cervellotico del sistema nasce per tenere insieme la spinta all’ampliamento delle rate con l’esigenza di non produrre effetti troppo pesanti in termini di cassa; nei calcoli della Ragioneria generale l’impianto trovato con questo compromesso taglia il gettito in modo crescente fino al 2030, quando lo riduce di 411 milioni, per poi attenuare i propri effetti fino ad azzerarli nel 2037.

Un’architettura del genere implica in ogni caso un’ulteriore riduzione degli ostacoli nell’accesso alla rateazione, confermato dalla previsione di un decreto del ministero dell’Economia chiamato a fissare i casi di riconoscimento automatico delle difficoltà che danno diritto alla dilazione.

Per tagliare i tempi e frenare l’emergere di nuovi arretrati, il decreto attua i principi di delega che chiedono all’amministrazione di notificare la cartella entro 9 mesi dall’affidamento e impone una data di scadenza quinquennale agli accertamenti, con l’eccezione dei carichi sospesi, interessati da procedure esecutive o concorsuali oppure oggetto di accordi previsti dal Codice della crisi d’impresa. In questi casi, il discarico automatico scatta a cinque anni dalla conclusione delle procedure o dalla revoca dei benefici. La caduta di questi crediti non sarà comunque del tutto priva di controlli, che dovranno riguardare fra il 2 e il 6% delle quote erariali e fino al 5% di quelle relative ad altre entrate.

La sfida, ambiziosissima anche sul piano delle ricadute contabili, di gestire e cancellare i 1.206 miliardi abbondanti di magazzino già accumulati dalla riscossione è invece lasciata a una commissione tecnica, composta da rappresentanti di Rgs, dipartimento Finanze e Corte dei conti, chiamata a studiare soluzioni in più tappe.

Il decreto sulla riscossione si occupa poi di costruire il nuovo scudo erariale per i dipendenti dell’amministrazione finanziaria, che potranno essere chiamati a rispondere dalla Corte dei conti solo per dolo o per colpa grave quando l’inerzia delle notifiche fa decadere il credito.