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Riposo compensativo dei turnisti e riposo settimanale

Nell’analizzare la prestazione resa dai lavoratori turnisti e l’articolazione della loro settimana lavorativa bisogna guardarsi dal confondere il riposo settimanale con il riposo compensativo agli stessi spettante al ricorrere di specifiche condizioni. In argomento, la Corte di cassazione (sezione lavoro, 27 agosto 2024, n. 23164) si è di recente confrontata con un’importante questione: il giorno successivo a quello di smonto dal turno notturno deve essere considerato giorno non lavorato o giorno di riposo compensativo?

Nel caso di specie, la vicenda riguardava degli infermieri e, quindi, dei lavoratori del comparto sanità personale non dirigenziale ed è con particolare riferimento a tale categoria che i giudici di legittimità hanno basato le loro riflessioni, suffragate dalle disposizioni del contratto collettivo applicabile ma da estendere a tutte le situazioni assimilabili.

Per i giudici, in particolare, il riposo compensativo può configurarsi non solo in tutte le ipotesi in cui il lavoratore si sia trovato a superare l’orario di lavoro contrattualmente previsto, ma anche laddove vi siano esigenze di recupero della maggiore gravosità del turno svolto in periodo notturno e il riposo sia a tal fine programmato sistematicamente.

L’articolo 26 del c.c.n.l. 7 aprile 1999, di riferimento per la vicenda esaminata dalla Corte di cassazione, stabilisce che il lavoratore turnista debba godere di adeguati periodi di riposo tra un turno e l’altro che gli consentano il recupero psico-fisico. Proprio questa esigenza di recupero, per i giudici, è decisiva al fine di configurare la giornata di smonto dopo il turno notturno (di dodici ore) come un riposo compensativo e ciò anche se l’orario ordinario settimanale contrattuale non sia stato superato.

La pronuncia in commento si è anche soffermata sull’indennità giornaliera prevista a favore del personale del ruolo sanitario il cui servizio sia articolato su tre turni e il cui orario di lavoro sia ripartito su cinque giorni lavorativi. In particolare, la Corte di cassazione, in forza di tutto quanto sopra ricostruito, ha specificato che tale indennità spetta in ogni caso in cui il riposo sia riconosciuto al lavoratore al fine di recuperare lo stress psico-fisico connesso allo svolgimento di una prestazione particolarmente intensa e gravosa e la sua corresponsione non trova alcun ostacolo dalla circostanza che, di fatto, tale prestazione non abbia determinato alcuna eccedenza rispetto all’orario settimanale contrattualmente svolto dal medesimo lavoratore.

Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore