Nell’ipotesi di licenziamento individuale del dirigente d’azienda, cui, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 604/1966, non trova applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti, la nozione di giustificatezza del recesso si discosta da quella di giustificato motivo ed è ravvisabile ove sussista l’esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario e non emerga, in base ad elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione.
NOTA
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La Corte d’Appello di Roma confermava la pronuncia di primo grado, che aveva rigettato le domande proposte dal lavoratore nei confronti della società datrice di lavoro, di cui «era dirigente sino al licenziamento comunicatogli il 12/9/2013, dirette: a) all’accertamento della natura arbitraria del licenziamento e alla condanna al pagamento dell’indennità supplementare; b) all’accertamento della violazione del patto di stabilità concluso il 22/2/2013 e alla condanna al risarcimento del danno ex art. 1218 c.c. corrispondente alle retribuzioni sino al 22/2/2016 o somma di giustizia; c) all’accertamento della natura ingiuriosa del licenziamento e alla condanna al risarcimento del danno alla dignità̀, all’immagine professionale, alla professionalità».
La Corte d’Appello riteneva, infatti, «dimostrata la sussistenza dei fatti posti dalla società̀ alla base del recesso (ovvero la soppressione della posizione lavorativa di dirigente dell’Area Nord Programmi Civile, l’effettiva sussistenza della riorganizzazione aziendale disposta dalla società con soppressione di tale specifica posizione, la ripartizione delle responsabilità relative e dei compiti operativi tra i responsabili delle Aree Centro e Sud), dando altresì̀ atto che era stato licenziato un altro dirigente e non ne risultavano assunti altri nel periodo successivo al recesso in contestazione».
Il lavoratore impugnava la sentenza in Cassazione.
La Suprema Corte rigetta il ricorso rilevando che il proprio orientamento consolidato è fermo nel ritenere che «Il licenziamento individuale del dirigente d’azienda può̀ fondarsi su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, che non debbono necessariamente coincidere con l’impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità̀ del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall’art. 41 Cost. (di qui, la conferma della decisione di merito che aveva ritenuto giustificato il licenziamento del responsabile della produzione del reparto stampa, a causa della soppressione del posto, con suddivisione delle relative mansioni tra il responsabile della produzione aziendale ed i capi reparto – cfr. Cass. n. 12668/2016, Cass. n. 3819/2020, Cass. n. 88/2023)».
La Corte di cassazione precisa altresì che «il giudice di merito deve limitarsi al controllo sull’effettività̀ delle scelte imprenditoriali poste a base del licenziamento, non potendo sindacare il merito di tali scelte, garantite dal precetto di cui all’art. 41 Cost.».
In sostanza, la Corte conferma la legittimità del licenziamento irrogato ritenendo, dunque, valida la soppressione della posizione lavorativa del dirigente dell’Area Nord Programmi Civile, con conseguente ripartizione delle sue responsabilità tra i responsabili delle Aree Centro e Sud.