Dimezzata dal 10 al 5% l’imposta sostitutiva sui premi di risultato di importo variabile, di cui all’art. 1, comma 182, legge 28 dicembre 2015, n. 208, erogati nell’anno 2023 e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.
L’accesso alla nuova aliquota sostitutiva di IRPEF ed addizionali regionali e comunali, pari – per il 2023 – al 5%, è riservato ai percettori di redditi di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente a quello di percezione delle somme agevolate, a 80.000 euro. Si rammenta che – come già avveniva nei precedenti periodi d’imposta ai sensi del comma 187 della Finanziaria 2016 – un ruolo cruciale è detenuto dai contratti collettivi aziendali o territoriali individuati dall’art 51, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, quali accordi volti a regolamentare i criteri per l’accesso al regime agevolato in commento.
Disciplina generale
L’art. 1, commi da 182 a 190, della legge di Stabilità 2016, ha previsto la possibilità di ridurre il cuneo fiscale sui premi di risultato, erogati in forza di contratti collettivi aziendali o territoriali, connessi agli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti dal decreto ministeriale 25 marzo 2016.
Generalmente, ai sensi dell’art. 51, TUIR e del c.d. principio di armonizzazione delle basi imponibili, tutte le somme corrisposte dal datore di lavoro ai lavoratori – con le opportune eccezioni – concorrono a determinare imponibile contributivo e fiscale. La norma in questione, stanti i limiti e le condizioni di cui ai punti successivi, non inficia la determinazione dell’imponibile sul quale calcolare i contributi previdenziali ed assistenziale – fatta eccezione per la riduzione contributiva prevista per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, così come previsto dall’art. 55, comma 1, decreto legge n. 50/2017 – bensì agisce prevedendo una imposta sostitutiva – per il 2023, pari al 5% – dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali.
Datori di lavoro interessati
La riduzione del cuneo fiscale in trattazione si rivolge esclusivamente al settore privato, rimanendo escluse le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
In tal senso, rientrano nella definizione di datori di lavoro privati anche i datori di lavoro non imprenditori, gli enti del settore privato che non svolgono attività commerciale e le agenzie di somministrazione, anche laddove i proprio dipendenti prestino attività in favore della P.A. Come chiarito dal Ministero del Lavoro nella nota 13 marzo 2015, il riferimento al settore privato sembrerebbe finalizzato solo ad escludere le pubbliche amministrazioni.
Lavoratori beneficiari
L’agevolazione trova applicazione con riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente a quello di percezione delle somme agevolate, a euro 80.000. Tale limite, dapprima fissato in 50.000 euro, è stato innalzato dall’art. 1, comma 160, lett. d), legge di bilancio 2017 che ha – conseguentemente – ampliato la platea dei possibili beneficiari. Al raggiungimento di tale limite concorre esclusivamente il reddito, percepito nell’anno precedente, ed assoggettato a imposizione ordinaria, non rilevando gli eventuali redditi assoggettati a tassazione separata.
ATTENZIONE: I requisiti per l’accesso al beneficio fiscale in trattazione sono, essenzialmente, due: percepire redditi di lavoro dipendente; aver conseguito un reddito non superiore ad 80.000 euro nell’anno precedente a quello di erogazione.
A tal fine, per la determinazione del limite reddituale: a) dovranno essere considerati tutti i redditi da lavoro dipendente conseguiti anche se riferibili ad altri rapporti di lavoro; b) dovranno essere considerate eventuali pensioni o assegni riconducibili fiscalmente nelle disposizioni di cui all’art. 49 TUIR e, come tali, equiparati a redditi di lavoro dipendente; c) non dovranno essere considerati eventuali emolumenti premiali sostituiti, per scelta del dipendente, con prestazioni di welfare aziendale nel rispetto dei limiti di cui all’art. 51, commi 2 e 3 ultimo periodo, TUIR; d) non dovranno essere considerati i redditi assoggettati ad imposizione separata; e) dovranno essere considerate le eventuali retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti all’estero, anche se non assoggettate a tassazione in Italia.
Premi di risultato e detassazione
L’imposizione agevolata dei premi di risultato, come contemplata dall’art. 1, commi da 182 a 191, legge 28 dicembre 2015, n. 208, modificata dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, ed il cui l’abbattimento è stato operato dal comma 63, art. 1, della legge di Bilancio 2023, è fissata nella misura del 5% per i premi e le somme corrisposte sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, entro il limite di 3.000 euro lordi.
NOTA BENE: Con riferimento al limite di 3.000 euro lordi, l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 22 ottobre 2008, n. 59/E, su disciplina analoga, si era espressa ritenendo che per calcolare il limite massimo di 3.000 euro sul quale applicare l’imposta sostitutiva, il sostituto deve considerare gli importi erogati al dipendente al lordo dell’imposta sostitutiva ma al netto delle trattenute previdenziali obbligatorie. In tal senso, allora il limite volgarmente ricondotto a 3.000 euro corrisponde, previa applicazione di apposita formula algebrica, a 3.303,60 euro lordi a cui detrarre le ritenute previdenziali al 9,19%.
I criteri incrementali correlati all’erogazione dei premi di risultato con imposta sostitutiva sono stati oggetto del decreto ministeriale 25 marzo 2016 e tali criteri – individuati secondo gli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione – devono essere rinvenibili e verificabili secondo indicatori numerici definiti nella contrattazione collettiva individuata dalla norma e possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi di fattori produttivi, nel miglioramento della qualità di prodotti e processi, nella riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o al ricorso al lavoro agile. Gli obiettivi fissati devono essere raggiunti nel periodo congruo definito dall’accordo. L’incremento concordato dovrà essere verificato e verificabile mediante un’operazione di raffronto tra il valore dell’obiettivo all’inizio del periodo fissato e quello risultante alla scadenza del termine stesso (Interpello AdE n. 550/2020).
ATTENZIONE: Ai sensi del comma 183, art. 1, legge 28 dicembre 2015, n. 208, ai fini della determinazione dei premi di produttività, è computato il periodo obbligatorio di congedo di maternità, sicché andranno esclusi tali eventi da eventuali indicatori che leghino le effettive presenze in servizio all’erogazione del premio.
Il ruolo della contrattazione collettiva
I premi di risultato detassati devono essere corrisposti in esecuzione di contratti aziendali o territoriali aventi i requisiti di cui all’art. 51, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ovverosia stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o rappresentanze sindacali unitarie.
ATTENZIONE: Considerato che la norma fa espresso riferimento alla c.d. contrattazione di secondo livello, deve ritenersi esclusa l’applicazione dell’imposta sostitutiva agevolata per gli elementi retributivi premiali che siano eventualmente previsti da accordi o contratti collettivi nazionali.
Il contratto, al quale è stata demandata la scelta e la previsione dei criteri di misurazione degli indici incrementali, deve essere depositato telematicamente entro il termine di 30 giorni dalla sottoscrizione unitamente alla dichiarazione di conformità di tali contratti alle disposizioni contenute nel predetto decreto ministeriale del 25 marzo 2016.
Effetti della nuova riduzione 2023
Di seguito il raffronto tra le diverse opzioni vigenti rispetto all’erogazione di premi di risultato:
|
PdR non detassato |
PdR detassato (2022 – 10%) |
PdR detassato (2023 – 5%) |
PdR in beni e servizi di welfare (2022-2023) |
Importo |
€ 3.000 |
€ 3.000 |
€ 3.000 |
€ 3.000 |
Ctr.Inps c/lavor. (9,51%) |
€ 285,30 |
€ 285,30 |
€ 285,30 |
– |
Imponibile IRPEF/Imp.sost. |
€ 2.714,70 |
€ 2.714,70 |
€ 2.714,70 |
– |
IRPEF netta e incidenza addizionali (28%) |
€ 760,11 |
– |
– |
– |
Imposta sostitutiva |
– |
€ 271,47 |
€ 135,73 |
– |
Netto percepito |
€ 1.954,59 |
€ 2.443,23 |
€ 2.578,97 |
€ 3.000 |