La Procura di Milano, nell’ambito di indagini per il reato di caporalato (in base all’articolo 603-bis del codice penale, intitolato “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”) nei confronti di alcuni fornitori di società facenti capo ad importanti maison del lusso, ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Milano la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria (secondo quanto disposto dall’articolo 34 del Dlgs 159/2011) nei confronti delle società (sub)appaltanti.
Il presupposto di tale provvedimento consiste nella carenza di adeguati modelli organizzativi ex Dlgs 231/2001 e di sistemi di internal audit in grado di verificare la catena di appalti e sub-appalti, sotto il profilo delle condizioni di lavoro applicate al personale (retribuzioni, lavoro irregolare, orari di lavoro, riposo e ferie, salute e sicurezza).
La mancanza di controlli avrebbe avuto l’effetto di agevolare colposamente l’ipotizzata condotta delittuosa dei soggetti indagati per caporalato. All’amministratore giudiziario, quindi, è affidato dal Tribunale il compito specifico di analizzare e rivedere i rapporti contrattuali in essere con i fornitori e soprattutto di adottare un Modello organizzativo e di gestione (Mog) ex Dlgs 231/2001 idoneo a prevenire il reato previsto dall’articolo 603-bis del codice penale e di rafforzare i presidi di controllo interno e verifica dei fornitori.
È quindi evidente che, per evitare di incorrere in provvedimenti come quelli adottati dal Tribunale di Milano e nella responsabilità diretta della società (posto che quello di caporalato è uno dei reati presupposto che attivano la responsabilità delle imprese), la prima cautela da adottare è quella di dotarsi di un adeguato Modello 231, che preveda sistemi di controllo effettivi ed efficaci sulla filiera degli appalti.
Anche a prescindere, del resto, dalla specifica fattispecie di reato prevista dall’articolo 603-bis del codice penale, un adeguato controllo sulla catena degli appalti e dei sub-appalti è per le aziende indispensabile in considerazione delle sanzioni per appalto illecito (aggravate dal Dl 19/2024) e della responsabilità solidale del committente per retribuzioni e contributi prevista dall’articolo 29 del Dlgs 276/2003.
Si tratta di una responsabilità solidale che oggi, dopo la nuova norma introdotta dal Dl 19/2024, può scattare anche in seguito a una errata individuazione del contratto collettivo applicabile ai dipendenti dell’appaltatore e del sub-appaltatore. Il che allarga ulteriormente il perimetro dei controlli necessari per prevenire criticità, che dovranno quindi avere a oggetto, oltre alla solidità e alla genuina natura imprenditoriale del fornitore, i trattamenti economici e normativi applicati da quest’ultimo ai propri dipendenti, il regolare pagamento dei contributi, l’adozione delle prescritte misure di sicurezza, la corretta gestione delle attività.
Sistematiche verifiche sul campo, dunque, ma anche una adeguata formulazione dei contratti di appalto, in particolare per quanto concerne le garanzie e la disciplina del sub-appalto.
Senza dimenticare che sta per scadere il termine (6 luglio 2024) entro il quale dovrà essere recepita in Italia la Direttiva UE 2022/2464, cosiddetta Csrd (Corporate Sustainibility Reporting Standard Directive), che impone alle aziende una rendicontazione annuale di sostenibilità, comprendente anche informazioni sulla quella che viene definita catena del valore e sulle azioni di monitoraggio intraprese per evitare impatti negativi sui lavoratori in essa coinvolti.
Insomma, oggi più che mai, la gestione degli appalti richiede sempre maggiore attenzione agli aspetti legati alla condizione del personale occupato nella catena produttiva.