In via preliminare si ricorda che il cronotachigrafo consiste in un sistema elettronico che, in osservanza della normativa europea, deve essere obbligatoriamente installato su determinati veicoli commerciali adibiti al trasporto su strada di cose e di persone, per ragioni di sicurezza stradale e di tutela dei lavoratori. L’apparecchio tachigrafico registra i tempi di guida e di riposo dei conducenti nonché la velocità e le distanze percorse dall’automezzo, al fine di consentire un efficace monitoraggio dell’attività svolta, anche in vista di controlli su strada e nei locali delle imprese. L’utilizzo dei cronotachigrafi è previsto, in particolare, dalle disposizioni del Regolamento CE n. 561/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006, e dal successivo Regolamento UE n. 165/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 febbraio 2014.
Il fatto
In tale contesto, la Corte di Cassazione penale 17 novembre 2023, n. 4644 è stata investita del giudizio di legittimità, relativamente ad una sentenza di condanna per il reato previsto dall’art. 437 del c.p., emessa a carico del titolare di un’impresa di autotrasporto, riconosciuto colpevole di avere manomesso il cronotachigrafo di un automezzo condotto da un proprio dipendente. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 11/10/2022, aveva già confermato la sentenza di condanna a sei mesi di reclusione, pronunciata dal Tribunale di Ascoli Piceno il 16/12/2019, nei confronti del titolare dell’impresa di trasporto per il reato di cui all’art. 437 c.p. Avverso la sentenza d’appello, l’imputato ha infine proposto ricorso, sostenendo – in estrema sintesi – come la fattispecie, già sanzionata in via amministrativa dall’art. 179 del Codice della Strada, non possa essere punita anche ai sensi dell’art. 437 del Codice Penale.
Riferimenti normativi
Per meglio comprendere i termini della questione posta all’attenzione dei giudici di legittimità [1] , è opportuno, preliminarmente, accennare al contenuto delle due norme di legge, come si è visto di natura penale (art. 437 c.p.) e amministrativa (art. 179 del C.d.S.) richiamate nella sentenza, nonché ad altre due disposizioni interpretative (art. 15 c.p. e art. 9 legge n. 689/1981), utilizzate nella decisione in esame.
La ratio dell’art. 437 c.p. è fin troppo chiara, ed è riconducibile all’esigenza di tutelare la sicurezza nei luoghi di lavoro, contro qualsiasi pericolo che possa derivare dall’omissione, rimozione o danneggiamento di presidi antinfortunistici. Nel contesto dell’autotrasporto la norma incrimina il fatto in sé dell’alterazione o del danneggiamento del cronotachigrafo, ed il bene giuridico tutelato dalla norma è l’incolumità pubblica, con specifico riguardo sia alla sicurezza dei luoghi di lavoro che della circolazione stradale [2]. La norma, infatti, tutela sia i singoli lavoratori (autisti), sia le persone che si trovino sul veicolo o nelle adiacenze, essendo oggetto di tutela penale un particolare settore di attività da cui può nascere un pericolo per un numero indeterminato di persone (si pensi ai passeggeri all’interno di un autobus o agli altri autoveicoli circolanti su strade pubbliche).
La condotta sanzionata in via amministrativa dall’art. 179 C.d.S., e richiamata nella sentenza in esame, consiste invece (comma 2) nella circolazione alla guida di un veicolo privo di cronotachigrafo, ovvero munito di un cronotachigrafo manomesso o alterato, o comunque non rispondente alle caratteristiche tecniche stabilite dalla normativa di settore.
Le altre norme due norme cui è opportuno fare un rapido cenno sono, inoltre, quelle contenute negli artt. 15 del codice penale e 9 della legge n. 689/1981.
La disposizione dell’art. 15 c.p. è destinata a risolvere le situazioni in cui vi sia un concorso apparente di norme. Tale concorso apparente ha luogo quando più norme sembrano disciplinare un medesimo fatto, ma una sola di esse può effettivamente essere applicata al caso concreto [3]. E il principale criterio per dirimere le situazioni in cui più norme sembrano applicabili, è quello di specialità. In base a tale criterio, espressione del cd. divieto di bis in idem, se la medesima condotta è regolata da più norme penali prevale quella speciale, pure laddove disponga l’applicazione di una sanzione meno grave.
Dal canto suo, la norma di cui all’art. 9 della legge n. 689/1981 [4], riproduce in ambito amministrativo la regola penalistica della specialità, stabilendo che se una stessa condotta è disciplinata da più disposizioni, deve trovare applicazione quella di maggior dettaglio, al fine di evitare inutili sovrapposizioni.
I motivi della decisione
All’interno del quadro normativo appena delineato, è dunque possibile ripercorrere le motivazioni alla base della Sentenza della Cassazione n. 4644 in esame, che, come si è visto, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza del 11/10/2022 della Corte di Appello di Ancona.
Il motivo del ricorso: violazione di legge in relazione agli artt. 437 c.p. e art. 179 C.d.S.
“… la difesa rileva che l’illecito amministrativo previsto dal codice della strada avrebbe dei caratteri di specialità rispetto alla fattispecie penale prevista dall’art. 437 c.p. e che pertanto, considerato che i fatti sono sovrapponibili sotto il profilo naturalistico, alla manomissione del cronotachigrafo dovrebbe applicarsi la disciplina di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 9 e, di conseguenza, la sentenza impugnata dovrebbe essere annullata senza rinvio”.
Nella ricostruzione delle questioni di diritto, la Corte ha preliminarmente richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite n. 20664 del 2017, secondo il quale “la questione relativa all’esistenza o meno di un conflitto apparente di norme regolanti il medesimo fatto deve essere risolta mediante l’applicazione – in via esclusiva – del criterio di specialità previsto dall’art. 15 c.p., fondato sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie poste a raffronto, al fine di apprezzare l’implicita valutazione di correlazione tra le norme effettuata dal legislatore”.
Secondo tale principio, “nell’ipotesi in cui il concorso sia tra una disposizione penale incriminatrice e una disposizione amministrativa sanzionatoria che apparentemente regolano lo stesso fatto, deve essere applicata esclusivamente – una volta positivamente riconosciuto il conflitto – la disposizione che risulti speciale (rispetto all’altra) all’esito del confronto compiuto tra le rispettive fattispecie astratte” (Cass., Sezioni Unite, n. 1963 del 28 ottobre 2010).
Nella fattispecie in esame, la Corte tuttavia precisa come non possa trovare applicazione alcun rapporto di specialità. Ciò in quanto “tra gli elementi essenziali della fattispecie astratta oggetto del presente giudizio, punita dall’art. 437 c.p. – che incrimina il fatto in sé dell’alterazione o danneggiamento del cronotachigrafo – e la condotta invece sanzionata in via amministrativa dall’art. 179 C.d.S., comma 2 – consistente nella circolazione alla guida di un veicolo privo di cronotachigrafo, ovvero munito di un cronotachigrafo manomesso o alterato, o comunque non rispondente alle caratteristiche tecniche stabilite dalla normativa di settore – non vi è la coincidenza strutturale che costituisce il presupposto dell’applicazione del criterio della specialità sancito dall’art. 15 c.p. e L. n. 689 del 1981, art. 9” (Cass., Sezione I, n. 10494 del 15 maggio 2019).
Invero, la Corte stabilisce che: “non sussiste alcun rapporto di specialità tra la disposizione di cui all’art. 179 C.d.S. (comma 2) e quella di cui all’art. 437 c.p., in quanto è diverso, non solo e non tanto, il bene giuridico tutelato da ognuna – rispettivamente costituiti dalla sicurezza della circolazione stradale (comprensiva di quella degli utenti terzi, diversi da colui che circoli alla guida del veicolo col cronotachigrafo manomesso) e dalla sicurezza dei lavoratori (e dunque in primis dello stesso autore della violazione, se conducente del veicolo) – quanto, soprattutto, è la stessa natura strutturale delle due fattispecie a essere differente, sia sotto l’aspetto soggettivo che oggettivo”.
Già dal punto di vista soggettivo, peraltro, è possibile escludere la sussistenza del principio di specialità, se solo si considera che il reato di cui all’art. 437 c.p. è un delitto di pericolo, punito a titolo di dolo, mentre la violazione dell’art. 179 C.d.S. è un illecito amministrativo, sanzionato indifferentemente a titolo di dolo o colpa.
Se, dunque, “il conducente è sanzionato per avere circolato alla guida di un veicolo con cronotachigrafo alterato sul solo presupposto della rappresentabilità colposa della relativa manomissione, anche se l’alterazione dello strumento è stata realizzata da un altro soggetto”, ne consegue che “la condotta sanzionata dall’art. 179 C.d.S. non presuppone (…) che l’autore della violazione, consistente nella circolazione alla guida di un veicolo con cronotachigrafo alterato, coincida necessariamente con l’autore della condotta incriminata dall’art. 437 c.p., e cioè col soggetto responsabile dell’alterazione, che ben potrebbe essere diverso (e identificarsi, ad esempio, nel datore di lavoro o nel proprietario del veicolo che sia diverso dal conducente)”. Tanto più che “la condotta di rimozione, alterazione o danneggiamento dello strumento, concretamente idonea a mettere in pericolo la sicurezza del lavoro” punita, a titolo di delitto di pericolo dal codice penale, “prescinde dal fatto materiale costituito dalla messa in circolazione del mezzo ed è pertanto configurabile anche prima e a prescindere dalla messa in circolazione del veicolo”.
In sintesi, i giudici di merito hanno legittimamente stabilito che – nel caso specifico – il datore di lavoro commette il reato di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, a prescindere dalla messa in circolazione del mezzo e hanno quindi condannato il solo datore di lavoro, persona diversa dal lavoratore che era alla guida del mezzo.
Evoluzione giurisprudenziale
La sentenza n. 4644 del 17 novembre 2023, è solo l’ultima in ordine di tempo di una serie di decisioni della Corte di Cassazione in tema della manomissione/alterazione (fraudolenta) del cronotachigrafo. E’, dunque, opportuno ripercorrere sinteticamente e cronologicamente le sentenze più significative, anche per dare conto dell’orientamento, non sempre univoco, di una giurisprudenza di legittimità, comunque sempre attenta alla tutela della sicurezza stradale e della sicurezza sul lavoro degli autisti impegnati nel trasporto professionale su strada di merci e persone.
In merito alla manomissione/alterazione fraudolenta del cronotachigrafo e al concorso tra norma penale (art. 437 c.p.) e sanzione amministrativa (art. 179 C.d.S.), la Corte di Cassazione Penale, Sezione I, con la sentenza n. 47211 del 9 novembre 2016, ha stabilito che “La violazione relativa alla manomissione del cronotachigrafo configura anche il reato ex art. 437 c.p.; è esclusa l’applicabilità del principio di specialità previsto dall’art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689 dal momento che le finalità di tutela contemplate dall’art. 437 c.p. rivestono una specificità propria non sovrapponibile a quelle del Codice della Strada. In particolare, l’alterazione dolosa dei dispositivi dell’apparecchio di controllo dei veicoli (cronotachigrafo) non esclude l’applicazione di entrambe le norme in quanto è diverso il bene giuridico tutelato: l’art. 179 del Codice della Strada tutela la circolazione stradale con riguardo ai rischi derivanti dalla stessa, l’art. 437 c.p. tutela in via principale la sicurezza dei lavoratori, essendo limitato il suo ambito di operatività ai dispositivi diretti a prevenire gli infortuni, e per estensione l’incolumità pubblica” [5].
Sempre in merito all’alterazione fraudolenta del cronotachigrafo, in questo caso ad opera del conducente (che aveva inserito una calamita nel cronotachigrafo), e al concorso tra norma penale (art. 437 c.p.) e sanzione amministrativa (art. 179 c.d.s.), con la sentenza n. 34107 del 12 luglio 2017, i giudici delle Suprema Corte hanno precisato che “La violazione del codice della strada oggetto di esame non può considerarsi speciale, se non per il fatto che attiene in modo specifico al “cronotachigrafo” (mentre la norma del codice penale parla più genericamente di “impianti, apparecchi o segnali”), rispetto al delitto di cui all’art. 437 cod. pen., da escluderne l’applicazione al caso concreto in esame. Se è vero, quindi, che in linea di massima la diversità dei beni giuridici coinvolti non esclude il ricorso al summenzionato principio di specialità, come affermato expressis verbis dalle Sezioni Unite nella pronuncia sopra riportata, è anche vero che nel caso di specie le diversità strutturali tra le fattispecie astratte sono tali da escludere che possa parlarsi di concorso apparente tra le disposizioni e da far ritenere, invece, applicabili, ove sussistenti i rispettivi presupposti, entrambe le norme. Le finalità di tutela dell’art. 437 cod. pen., invero, esprimono una specificità propria, non sovrapponibile a quelle del Codice della strada, sì da non potersi ritenere la norma codicistica generale rispetto a quella di cui all’art. 179 c.d.s. e da ravvisare al più una mera “interferenza” nel senso di cui alla pronuncia delle Sezioni Unite sopra richiamata. Ne consegue che la sentenza di non luogo a procedere impugnata, non avendo fatto corretta applicazione del principio di specialità di cui all’art. 9 l. 689/81 ed avendo ritenuto applicabile nel caso specifico la sola disposizione amministrativa di cui all’art. 179 c.d.s., dichiarando conseguentemente “non luogo a procedere nei confronti di T.G. per il reato a lui ascritto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, va annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi all’ ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Livorno per l’ulteriore corso”.
Sempre in tema di responsabilità dell’autista di un autoarticolato per avere alterato il funzionamento del cronotachigrafo digitale, ma in senso parzialmente difforme rispetto alle precedenti sentenze appena esaminate, la Corte di Cassazione Penale, Sezione I, con sentenza n. 2200 del 19 gennaio 2018, ha affermato “che il contenuto della disposizione incriminatrice di cui all’art. 437 cod. pen. sia di maggiore «ampiezza» posto che include come destinatari, essenzialmente, tutti i soggetti su cui gravi un obbligo di prevenire – tramite impianti, apparecchi o segnali – disastri o infortuni sul lavoro ma ciò non è sufficiente ad escludere che lì dove la condotta sia posta in essere – come nel caso in esame – dal conducente del mezzo (soggetto cui è pacificamente applicabile la previsione di cui all’art. 179 del codice della strada) si venga a determinare una evidente interferenza nel raggio di azione delle due previsioni di legge aventi portata sanzionatoria. … Va pertanto affermato che l’avvenuta applicazione dell’articolo 179 del Codice della Strada nella specifica ipotesi di comportamento posto in essere dal conducente di un mezzo, che abbia posto in essere l’alterazione del cronotachigrafo, esclude la concorrente applicazione al medesimo soggetto della previsione incriminatrice di cui all’art. 437 del codice penale in riferimento a quanto previsto dall’art. 9 legge n. 689 del 1981”.
Conferma l’impostazione prevalente invece la sentenza n. 104949 del 23 marzo 2020, Corte di Cassazione Penale, Sezione I, che dispone: “La condotta sanzionata dall’art. 179 C.d.S. non presuppone, dunque, che l’autore della violazione, consistente nella circolazione alla guida di un veicolo con cronotachigrafo alterato, coincida necessariamente con l’autore della condotta incriminata dall’art. 437 c.p., e cioè col soggetto responsabile dell’alterazione, che ben potrebbe essere diverso (e identificarsi, ad esempio, nel datore di lavoro o nel proprietario del veicolo che sia diverso dal conducente); e d’altro canto, la condotta di rimozione, alterazione o danneggiamento dello strumento, concretamente idonea a mettere in pericolo la sicurezza del lavoro, punita a titolo di delitto di pericolo dal codice penale, ben potrebbe essere commessa dallo stesso lavoratore/autista – e accertata nei suoi confronti – anche prima e a prescindere dalla messa in circolazione del veicolo, nel qual caso l’integrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie astratta dell’art. 437 c.p., e la sua conseguente punibilità a carico dell’autore della relativa manomissione (l’imputato C., nella concreta fattispecie), non potrebbe certamente essere posta in dubbio anche se non fosse stata seguita dal fatto materiale della guida e della circolazione del veicolo”.
Su un piano più generale, infine, si segnala la recente sentenza n. 24945 del 24 gennaio 2023, della Sezione I della Cassazione Penale, secondo la quale “ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 437 cod. pen., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, degli apparecchi o dei segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inseriscano in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l’integrità fisica di una pluralità di lavoratori o, comunque, di tutti coloro che vengono in contatto con quell’ambiente di lavoro, in modo da determinare l’indeterminata estensione del pericolo” [6].
In tale ottica, la manomissione del dispositivo tachigrafico, oltre a pregiudicare la sicurezza dei conducenti la cui attività non viene correttamente monitorata ai fini del rispetto di tempi di guida, pause e riposi, sicuramente determina l’estensione del pericolo nei confronti di una pluralità di soggetti interessati dal trasporto, soggetti anche non direttamente coinvolti dalla condotta del conducente (come possono essere i passeggeri nell’ambito di un’attività di trasporto persone), ma pur sempre esposti al rischio della circolazione stradale, anche soltanto in qualità di autisti di altri veicoli impegnati in attività di guida contestualmente al mezzo interessato dalla manomissione dell’apparecchio di controllo, ovvero di semplici pedoni fisicamente presenti nell’area di percorrenza o di manovra di un autoveicolo adibito al trasporto professionale di merci o di persone.