La Corte di Cassazione, sentenza n° 14691 del 11 maggio 2022, ha rilevato che è legittimo il recesso unilaterale del datore dal contratto aziendale e la conseguente mancata corresponsione degli emolumenti retributivi aggiuntivi dallo stesso previsti a favore dei lavoratori.
L’occasione della pronuncia si origina dal preteso pagamento di emolumenti retributivi aggiuntivi, relativi al primo trimestre 2013, previsti dall’accordo collettivo aziendale dal quale però la società datrice di lavoro aveva già dichiarato di voler recedere a gennaio dello stesso anno.
La Corte distrettuale, con la premessa che nella contrattazione aziendale è il singolo datore a stipulare un accordo con le organizzazioni sindacali -a differenza della contrattazione collettiva nazionale o territoriale- aveva dichiarato non solo la sua libertà di recedere in qualsiasi momento, così come accade per qualunque altro negozio di durata a tempo indeterminato, ma aveva anche aggiunto che non era stato violato il principio di giusta retribuzione (ex. art. 36 Cost.) poiché questa comprende solo la retribuzione base e l’indennità di contingenza e non anche gli emolumenti aggiuntivi.
I Giudici di piazza Cavour, in conferma di giudizio, hanno ribadito che, in caso di assenza di termine, non è mai ammissibile la pretesa di un vincolo perpetuo all’accordo, tenuto conto anche della funzione sociale propria della contrattazione collettiva, volta a rispondere ad un bilanciamento di interessi che mutano insieme alla realtà socio-economica nella quale si incontrano.
Si aggiunge, infine, che non è ravvisabile un pregiudizio per i diritti dei lavoratori derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole: sono infatti intangibili solo se già entrati nel patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa e non anche quando “vengano in rilievo mere aspettative sorte alla stregua della precedente più favorevole regolamentazione”.