A seguito del crescente utilizzo della società semplice anche quale strumento di protezione e pianificazione patrimoniale, si è posta la questione circa la possibilità di attribuire la carica di amministratore ad un soggetto di fiducia, non appartenente alla compagine societaria. A titolo esemplificativo, tale assetto societario potrebbe essere utilmente previsto per prevenire e comporre eventuali contrasti tra soci con quote paritarie.
Il tema relativo alla facoltà di dissociare nella società semplice, la carica di amministratore dalla qualità di socio è stata di rado affrontata dalla giurisprudenza.
Sul punto si segnala una recente pronuncia, favorevole all’esercizio di tale soluzione (Tribunale Roma, Decreto, 25/08/2021, n. 4971).
La vicenda da cui trae origine la decisione, prende le mosse dalla costituzione per atto pubblico di una società semplice da parte di due società estere, con contestuale nomina quale amministratore di una persona fisica non socia. A seguito della rituale richiesta di iscrizione formulata dal notaio, l’Ufficio del Registro delle Imprese di Roma adiva il Giudice del Registro, rimettendo ad esso la valutazione circa la sussistenza dei presupposti per procedere alla cancellazione della società semplice così costituita.
La motivazione fornita dal Tribunale di Roma richiama apoditticamente un precedente arresto della giurisprudenza di legittimità che, seppur obiter dictum in riferimento alla società in nome collettivo, si era espressa favorevolmente rispetto alla possibilità di investire del potere gestorio un amministratore non socio (Cass. civ., Sez. I, Sentenza., 12/06/2009, n. 13761 ).
Nella circostanza la sentenza della Suprema Corte opera un distinguo tra gli artt. 2252 e 2259 c.c., precisando come gli stessi operino su piani diversi. Mentre l’art. 2252 c.c. regola il rapporto tra i soci, l’art. 2259 c.c. disciplina il rapporto tra la società e l’amministratore ed in particolare, precisa la decisione richiamata, può essere nominato a gestire la società anche chi non appartiene alla compagine societaria.
Il Tribunale di Roma condividendo il citato principio espresso dalla Suprema Corte, ha precisato come la qualifica di amministratore differisca ontologicamente da quella di socio.
Tale conclusione discende dal confronto tra la disciplina delineata dal legislatore che regola i poteri, gli obblighi e le responsabilità che competono rispettivamente al socio ed all’amministratore della società semplice.
La pronuncia in esame si spinge oltre, fornendo ulteriori motivazioni a sostegno della legittimità della nomina di un amministratore esterno alla compagine sociale (Tribunale Roma, Decreto, 25/08/2021, n. 4971, cit.).
Come avvenuto nella fattispecie, l’art. 2361, comma 2, c.c. ammette che le società di capitali possano assumere partecipazioni in società di persone, anche in qualità di socio illimitatamente responsabile, con conseguente responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali assunte. Rispetto a tali partecipazioni, gli amministratori sono tenuti a dare specifica informazione nella nota integrativa al bilancio. Deve pertanto ammettersi che l’amministrazione della società di persone partecipata, possa essere affidata ad una delle società di capitali partecipanti al capitale sociale della stessa (Giudice del registro Roma, Decreto, 1 giugno 2020; Trib. Milano, Sentenza, 27 febbraio 2012).
La nomina di una persona giuridica quale amministratore di una società di persone pone una questione di natura immediatamente pratica. In concreto per l’espletamento dell’incarico, la società di capitali amministratrice della società personale dovrebbe avvalersi di una persona fisica interna alla propria organizzazione, benché non necessariamente coincidente con il proprio legale rappresentante (Giudice del registro Roma, Decreto, 1 giugno 2020, cit.; massima del Consiglio notarile di Milano, n. 100/2007 ). Per quanto attiene all’aspetto essenziale delle formalità pubblicitarie, esse devono essere assolte sia rispetto all’amministratore persona giuridica, sia rispetto alla persona fisica da essa designata. L’eventuale variazione di quest’ultima è rimessa alla determinazione interna della persona giuridica amministratrice.
Quanto sopra evidenziato, secondo il Tribunale di Roma, costituisce un’ulteriore conferma, che permette di concludere in senso favorevole sull’ammissibilità di una dissociazione tra l’attività di amministrazione e la qualità di socio.
Contrariamente a quanto stabilito dalla precedente giurisprudenza di merito (Tribunale di Udine, Decreto del 29 aprile 2018), nessuna preclusione è rinvenibile da quanto disposto dall’art. art. 2318, comma 2, c.c. afferente la società in accomandita semplice. In detto modello societario l’amministrazione può essere affidata esclusivamente ai soci accomandatari. Secondo il Tribunale di Roma tale principio non può essere esteso ed applicato analogicamente sic et simpliciter alla società semplice.
A conferma di tale conclusione, depone la circostanza per cui quando il legislatore ha voluto vietare l’attribuzione dell’amministrazione ad un soggetto estraneo alla compagine societaria lo ha fatto espressamente, come previsto appunto, dal citato art. art. 2318, comma 2, c.c. In mancanza di una siffatta previsione, a fronte dell’ampia autonomia concessa nel campo dell’amministrazione della società semplice, deve ammettersi che la stessa possa essere riservata ad un non socio (Tribunale Roma, Decreto, 25/08/2021, n. 4971, cit.).
Neppure dal punto di vista sistematico è presente una norma posta a tutela dei terzi che imponga una inderogabile identificazione tra l’amministratore ed il socio. In questo senso non può essere fatto proficuamente riferimento all’art. 2257, comma 1, c.c. il quale prevede come l’amministrazione della società semplice spetti a ciascuno dei soci disgiuntamente, facendo salva la possibilità di un’eventuale diversa pattuizione. In difetto di precise limitazioni dettate dalla norma, deve pertanto ritenersi ammissibile investire del potere gestorio un soggetto estraneo alla compagine societaria.
La pronuncia esaminata del Tribunale di Roma individua nella tutela dei creditori sociali la condizione, cui subordinare l’iscrizione nel Registro delle Imprese della nomina ad amministratore di una società semplice di un soggetto che non riveste anche il ruolo di socio. Tale preciso vincolo emerge dalla previsione di cui all’art. 2267 c.c., a detta del quale, per le obbligazioni sociali rispondono oltre alla società con il proprio patrimonio sociale, anche personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della stessa e, salvo patto contrario, gli altri soci.
In particolare la tutela dei creditori sociali verrebbe meno qualora vi fossero accordi, portati a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, volti ad escludere la solidarietà per le obbligazioni sociali e/o limitare la responsabilità dei soci che non abbiano agito in nome e per conto della società semplice e contestualmente, venisse nominato amministratore un soggetto estraneo alla stessa.
Infatti in presenza di dette circostanze, non vi sarebbe più alcun socio illimitatamente responsabile, con evidente distorsione del modello legale della società de qua. Per ovviare a tale eventualità e tutelare i diritti dei creditori sociali, l’Ufficio del Registro dovrà seguire peculiari accorgimenti, prodromici all’iscrizione nel Registro delle Imprese. In particolare detta iscrizione deve ritenersi subordinata alla verifica dell’inesistenza di patti di esclusione o di limitazione della responsabilità dei soci della società semplice che ha investito del potere gestorio un soggetto ad essa estraneo.
Sussistendo detta condizione, si potrebbe paradossalmente verificare un ampliamento della garanzia patrimoniale a favore dei creditori sociali. Questi infatti, potrebbero sempre agire nei confronti dei singoli soci e, qualora la condotta dell’amministratore estraneo integri una comportamento illecito, potrebbero promuovere un’azione giudiziaria per aggredire il patrimonio dello stesso (Tribunale Roma, Decreto, 25/08/2021, n. 4971, cit.).
Le conclusioni espresse dal Tribunale di Roma sono state condivise dalla recentissima massima del Consiglio Notarile di Firenze, n.78/2022, la quale ha ritenuto legittima la nomina ad amministratore di società semplice conferita ad un soggetto estraneo alla compagine societaria, a condizione che i soci non abbiano sottoscritto alcun patto volto ad escludere o limitare la propria responsabilità per le obbligazioni sociali.
Il tema relativo alla facoltà di dissociare nella società semplice, la carica di amministratore dalla qualità di socio è stata di rado affrontata dalla giurisprudenza.
Sul punto si segnala una recente pronuncia, favorevole all’esercizio di tale soluzione (Tribunale Roma, Decreto, 25/08/2021, n. 4971).
La vicenda da cui trae origine la decisione, prende le mosse dalla costituzione per atto pubblico di una società semplice da parte di due società estere, con contestuale nomina quale amministratore di una persona fisica non socia. A seguito della rituale richiesta di iscrizione formulata dal notaio, l’Ufficio del Registro delle Imprese di Roma adiva il Giudice del Registro, rimettendo ad esso la valutazione circa la sussistenza dei presupposti per procedere alla cancellazione della società semplice così costituita.
La motivazione fornita dal Tribunale di Roma richiama apoditticamente un precedente arresto della giurisprudenza di legittimità che, seppur obiter dictum in riferimento alla società in nome collettivo, si era espressa favorevolmente rispetto alla possibilità di investire del potere gestorio un amministratore non socio (Cass. civ., Sez. I, Sentenza., 12/06/2009, n. 13761 ).
Nella circostanza la sentenza della Suprema Corte opera un distinguo tra gli artt. 2252 e 2259 c.c., precisando come gli stessi operino su piani diversi. Mentre l’art. 2252 c.c. regola il rapporto tra i soci, l’art. 2259 c.c. disciplina il rapporto tra la società e l’amministratore ed in particolare, precisa la decisione richiamata, può essere nominato a gestire la società anche chi non appartiene alla compagine societaria.
Il Tribunale di Roma condividendo il citato principio espresso dalla Suprema Corte, ha precisato come la qualifica di amministratore differisca ontologicamente da quella di socio.
Tale conclusione discende dal confronto tra la disciplina delineata dal legislatore che regola i poteri, gli obblighi e le responsabilità che competono rispettivamente al socio ed all’amministratore della società semplice.
La pronuncia in esame si spinge oltre, fornendo ulteriori motivazioni a sostegno della legittimità della nomina di un amministratore esterno alla compagine sociale (Tribunale Roma, Decreto, 25/08/2021, n. 4971, cit.).
Come avvenuto nella fattispecie, l’art. 2361, comma 2, c.c. ammette che le società di capitali possano assumere partecipazioni in società di persone, anche in qualità di socio illimitatamente responsabile, con conseguente responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali assunte. Rispetto a tali partecipazioni, gli amministratori sono tenuti a dare specifica informazione nella nota integrativa al bilancio. Deve pertanto ammettersi che l’amministrazione della società di persone partecipata, possa essere affidata ad una delle società di capitali partecipanti al capitale sociale della stessa (Giudice del registro Roma, Decreto, 1 giugno 2020; Trib. Milano, Sentenza, 27 febbraio 2012).
La nomina di una persona giuridica quale amministratore di una società di persone pone una questione di natura immediatamente pratica. In concreto per l’espletamento dell’incarico, la società di capitali amministratrice della società personale dovrebbe avvalersi di una persona fisica interna alla propria organizzazione, benché non necessariamente coincidente con il proprio legale rappresentante (Giudice del registro Roma, Decreto, 1 giugno 2020, cit.; massima del Consiglio notarile di Milano, n. 100/2007 ). Per quanto attiene all’aspetto essenziale delle formalità pubblicitarie, esse devono essere assolte sia rispetto all’amministratore persona giuridica, sia rispetto alla persona fisica da essa designata. L’eventuale variazione di quest’ultima è rimessa alla determinazione interna della persona giuridica amministratrice.
Quanto sopra evidenziato, secondo il Tribunale di Roma, costituisce un’ulteriore conferma, che permette di concludere in senso favorevole sull’ammissibilità di una dissociazione tra l’attività di amministrazione e la qualità di socio.
Contrariamente a quanto stabilito dalla precedente giurisprudenza di merito (Tribunale di Udine, Decreto del 29 aprile 2018), nessuna preclusione è rinvenibile da quanto disposto dall’art. art. 2318, comma 2, c.c. afferente la società in accomandita semplice. In detto modello societario l’amministrazione può essere affidata esclusivamente ai soci accomandatari. Secondo il Tribunale di Roma tale principio non può essere esteso ed applicato analogicamente sic et simpliciter alla società semplice.
A conferma di tale conclusione, depone la circostanza per cui quando il legislatore ha voluto vietare l’attribuzione dell’amministrazione ad un soggetto estraneo alla compagine societaria lo ha fatto espressamente, come previsto appunto, dal citato art. art. 2318, comma 2, c.c. In mancanza di una siffatta previsione, a fronte dell’ampia autonomia concessa nel campo dell’amministrazione della società semplice, deve ammettersi che la stessa possa essere riservata ad un non socio (Tribunale Roma, Decreto, 25/08/2021, n. 4971, cit.).
Neppure dal punto di vista sistematico è presente una norma posta a tutela dei terzi che imponga una inderogabile identificazione tra l’amministratore ed il socio. In questo senso non può essere fatto proficuamente riferimento all’art. 2257, comma 1, c.c. il quale prevede come l’amministrazione della società semplice spetti a ciascuno dei soci disgiuntamente, facendo salva la possibilità di un’eventuale diversa pattuizione. In difetto di precise limitazioni dettate dalla norma, deve pertanto ritenersi ammissibile investire del potere gestorio un soggetto estraneo alla compagine societaria.
La pronuncia esaminata del Tribunale di Roma individua nella tutela dei creditori sociali la condizione, cui subordinare l’iscrizione nel Registro delle Imprese della nomina ad amministratore di una società semplice di un soggetto che non riveste anche il ruolo di socio. Tale preciso vincolo emerge dalla previsione di cui all’art. 2267 c.c., a detta del quale, per le obbligazioni sociali rispondono oltre alla società con il proprio patrimonio sociale, anche personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della stessa e, salvo patto contrario, gli altri soci.
In particolare la tutela dei creditori sociali verrebbe meno qualora vi fossero accordi, portati a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, volti ad escludere la solidarietà per le obbligazioni sociali e/o limitare la responsabilità dei soci che non abbiano agito in nome e per conto della società semplice e contestualmente, venisse nominato amministratore un soggetto estraneo alla stessa.
Infatti in presenza di dette circostanze, non vi sarebbe più alcun socio illimitatamente responsabile, con evidente distorsione del modello legale della società de qua. Per ovviare a tale eventualità e tutelare i diritti dei creditori sociali, l’Ufficio del Registro dovrà seguire peculiari accorgimenti, prodromici all’iscrizione nel Registro delle Imprese. In particolare detta iscrizione deve ritenersi subordinata alla verifica dell’inesistenza di patti di esclusione o di limitazione della responsabilità dei soci della società semplice che ha investito del potere gestorio un soggetto ad essa estraneo.
Sussistendo detta condizione, si potrebbe paradossalmente verificare un ampliamento della garanzia patrimoniale a favore dei creditori sociali. Questi infatti, potrebbero sempre agire nei confronti dei singoli soci e, qualora la condotta dell’amministratore estraneo integri una comportamento illecito, potrebbero promuovere un’azione giudiziaria per aggredire il patrimonio dello stesso (Tribunale Roma, Decreto, 25/08/2021, n. 4971, cit.).
Le conclusioni espresse dal Tribunale di Roma sono state condivise dalla recentissima massima del Consiglio Notarile di Firenze, n.78/2022, la quale ha ritenuto legittima la nomina ad amministratore di società semplice conferita ad un soggetto estraneo alla compagine societaria, a condizione che i soci non abbiano sottoscritto alcun patto volto ad escludere o limitare la propria responsabilità per le obbligazioni sociali.