Le modalità di determinazione ed esecuzione del lavoro straordinario possono essere oggetto di contrattazione collettiva, sicché è piena facoltà del datore di lavoro ordinare l’esecuzione di lavoro straordinario, nei limiti previsti dalla contrattazione collettiva (fattispecie relativa al licenziamento comminato a un lavoratore che aveva, più volte, rifiutato di eseguire delle ore di lavoro straordinario, integrando così una condotta insubordinata e recidiva).
Così ha statuito la Cassazione nella sentenza in oggetto che ha avuto come punti focali l’art. 5 del D.Lgs 66/2003 e l’art. 7 del CCNL Industria metalmeccanica. La questione riguardava un lavoratore che si è sistematicamente rifiutato di effettuare il lavoro straordinario che l’azienda aveva chiesto ai suoi dipendenti a mezzo di un orario affisso nei locali aziendali. La Suprema Corte, nel rigettare per inammissibilità tutti i motivi di merito, ha però chiarito che la richiesta di lavoro straordinario va fatta nei limiti del CCNL e che al datore di lavoro spetta provare il rifiuto del lavoratore e a quest’ultimo di essersi rifiutato per motivi legittimi. Nella fattispecie mentre la parte datoriale ha provato che il lavoro non è stato effettuato il lavoratore non ha provato le eccezioni alla base del rifiuto, nel caso il superamento della quota esente. La Cassazione ha, quindi, ravvisato scarso spirito collaborativo del lavoratore verso l’azienda e disinteresse per il suo buon andamento. Tali comportamenti, però, sono stati ritenuti integranti gli estremi del grave inadempimento e non della insubordinazione per cui il licenziamento è stato qualificato come motivato da giustificato soggettivo e non da giusta causa, come invece comminato dal datore di lavoro, con conseguente diritto all’indennità di preavviso.