Con l’ordinanza del 3 luglio 2024, n. 18263, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla sospensione unilaterale del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro e la conseguente dimissione del lavoratore per giusta causa. Il fatto riguarda un lavoratore inquadrato come dirigente che aveva dato le dimissioni con un preavviso di 6 mesi, la società una volta ricevute le dimissioni, “aveva disabilitato l’account di posta elettronica aziendale, impedito l’accesso al computer ed anche all’ufficio”. In seguito a tale condotta il lavoratore ha “comunicato la risoluzione immediata del rapporto di lavoro” alla luce della condotta tenuta dalla società.
La Corte territoriale aveva respinto l’appello del lavoratore in quanto aveva escluso che “fosse configurabile una giusta causa di dimissioni, a fronte della condotta datoriale che si era concretizzata nella sospensione delle ordinarie modalità di svolgimento della prestazione per soli cinque giorni”.
Il lavoratore ha dunque adito la Corte di Cassazione, che ha definito la giusta causa un fatto che impedisce il proseguimento del rapporto lavorativo ed ” è una nozione che la legge configura con una disposizione ascrivibile alla tipologia delle c.d. clausole generali, delineante un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza sociale, sia di criteri desumibili dall’ordinamento generale, a cominciare dai principi costituzionali, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama”.
La Corte ha accolto il ricorso del lavoratore e ha ritenuto che tale comportamento del datore costituisce un inadempimento, in seguito al quale il lavoratore può procedere alle dimissioni per giusta causa.