La mancata fornitura di vestiario in servizio non comporta la corresponsione di un’indennità sostitutiva e non può essere oggetto di danno. Lo precisa la Cassazione con l’ordinanza n. 2261/24.
I giudizi di merito
Venendo ai precedenti gradi di giudizio il ricorrente si era rivolto al tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, per chiedere la condanna del Comune di San Giorgio a Cremano, presso il quale aveva lavorato come agente di polizia municipale, al pagamento dell’indennità sostitutiva per la mancata fornitura dei capi di vestiario, per un determinato periodo di tempo, da utilizzare in servizio, nonché al risarcimento dei conseguenti danni all’immagine e alla dignità personale e professionale. Instauratosi il contraddittorio, il tribunale ha rigettato le domande con sentenza che era stata impugnata dal lavoratore davanti alla Corte d’Appello di Napoli. Quest’ultima ha rigettato a sua volta il gravame, rilevando che l’indennità sostitutiva non era prevista da alcuna legge, né da una norma della contrattazione collettiva, né da atti deliberativi del datore di lavoro, mentre, con riguardo alla domanda di condanna al risarcimento, ravvisò il difetto di allegazione e di prova del danno subito. Dopo avere constatato l’infondatezza della domanda di condanna al pagamento dell’indennità sostitutiva (per mancanza di una norma a fondamento del relativo diritto), la Corte di Napoli ha respinto anche la domanda di condanna al risarcimento del danno, per mancanza di prova – e, prima ancora, di allegazione – dei fatti necessari per dare sostegno all’accertamento di un pregiudizio risarcibile.
Il verdetto della Cassazione
Secondo la Suprema Corte il giudice del merito ha fatto buon governo della norma generale in materia di ripartizione degli oneri probatori, ponendo a carico dell’attore l’onere della prova del fatto costitutivo della sua domanda, ovverosia la prova del danno di cui il ricorrente ha chiesto il risarcimento.