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Infortunio: accertamento di effettiva carenza programmatica e organizzativa dell’azienda

L’amministratore di una società è responsabile dell’infortunio del lavoratore laddove le scelte di fondo aziendali a tutela dei dipendenti si siano rivelate gravemente deficitarie sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro e, come tali, non in linea con la normativa prevenzionistica (Cassazione, sentenza n. 35651/2021).

Nella specie, una Corte di appello territoriale confermava la declaratoria di responsabilità dell’amministratore di una società in ordine al reato di cui all’art. 590, comma terzo, cod. pen., per aver cagionato colposamente a un lavoratore gravissime lesioni personali (emorragia in politrauma maggiore e fratture multiple arti inferiori), a seguito delle quali subiva l’amputazione della gamba sinistra. L’addebito, in particolare, è quello di avere omesso di fornire al lavoratore adeguati formazione, informazione e addestramento.
In Cassazione, gi Ermellini ricordano, preliminarmente, che nel caso di specie ci si trova di fronte ad una c.d. “doppia conforme” di condanna, avendo entrambi i giudici di merito affermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato oggetto di contestazione. Ne deriva che le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. 
La lettura congiunta delle sentenze di primo e di secondo grado consente di affermare come i giudicanti abbiano ampiamente e adeguatamente motivato in ordine alla responsabilità del prevenuto, muovendo da un apprezzamento di merito congruo e non manifestamente illogico, come tale insindacabile in Cassazione, costituito dalla situazione di conclamata “disorganizzazione” aziendale – accertata nel corso dell’istruttoria dibattimentale – con riferimento alla società amministrata dall’imputato ed alle cui dipendenze prestava la propria attività lavorativa la persona offesa.


In tale prospettiva, all’amministratore è stata attribuita, non illogicamente (ed indipendentemente da eventuali responsabilità concorrenti di altri soggetti preposti), sia la colpa specifica (ex art. 71, comma 7, lett. a, d.lgs. n. 81/2008) di avere consentito che il lavoratore infortunato si ponesse alla guida del muletto senza avere le necessarie competenze e abilitazioni e senza che al medesimo fossero stati forniti “adeguati formazione, informazione e addestramento”; sia la colpa generica di avere attuato e/o tollerato un’organizzazione aziendale del tutto carente e insufficiente, nella quale, come accertato in fatto, non vi era alcuna specifica programmazione e previsione in ordine alla scelta del personale addetto alla conduzione delle macchine operatrici, tale da assicurare che esso venisse scelto fra il personale munito della necessaria e adeguata formazione e del prescritto titolo abilitativo (in particolare, veniva accertato che il personale dei gruppi di lavoro era formato senza alcuna specificazione delle rispettive mansioni, e che nonostante ciò il muletto andasse comunque portato sull’area di lavoro, indipendentemente dalla presenza nel gruppo di un soggetto abilitato a condurlo).


Si tratta di profili colposi che sono stati correttamente addebitati sulla base di un ragionamento logico e coerente con i dati processualmente emersi, che ha congruamente delineato la responsabilità colposa dello stesso amministratore quale soggetto titolare delle scelte di fondo aziendali a tutela dei lavoratori, nel caso rivelatesi gravemente deficitarie sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro e, come tali, non in linea con la normativa prevenzionistica.
Per il resto, il rilievo secondo cui il ricorrente, al momento dell’infortunio, fosse amministratore da appena 20 giorni, è inammissibile in quanto, oltre ad attenere al merito della vicenda, è questione che non è mai stata sollevata in sede di appello, ed è pacifico che non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione.

Fonte Teleconsul Editore SpA