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Il dipendente in part time deve comunicare l’assenza di potenziali conflitti d’interesseTo:

In tutti i casi di conferimento di incarichi retribuiti ai dipendenti pubblici la Pa è tenuta a verificare le situazioni, anche solo potenziali, di conflitto di interessi al fine di assicurare il rispetto dell’obbligo di esclusività, funzionale al buon andamento, all’imparzialità e alla trasparenza dell’azione amministrativa. Secondo la Corte di cassazione (sentenza n. 13948/2024) poiché entra in gioco la reputazione e l’affidabilità della Pa, requisiti che, a loro volta, hanno grande rilevanza dal punto di vista economico, tale schema riguarda anche i dipendenti in part time. Dal che, fatte salve le tassative eccezioni previste dal Testo unico sul pubblico impiego e le casistiche di part time inferiore al 50%, il privato conferente l’incarico e il dipendente pubblico, anche se assunto a tempo parziale, hanno entrambi comunque l’obbligo di comunicare al datore il conferimento dell’incarico onde consentire all’ente di concedere la relativa autorizzazione previa valutazione dell’assenza di una (anche solo) possibile situazione di conflitto di interessi dell’incarico con l’attività lavorativa ordinaria.

Ormai da tempo in ambito Ue si sostiene che le Pa sono determinanti per la reputazione e quindi per la buona immagine delle istituzioni. Ed è grazie a queste sollecitazioni che anche nel nostro ordinamento si è diffusa l’esigenza di puntare su Pa organizzate in modo da tutelare sia la salute e la sicurezza dei lavoratori sia la salute istituzionale, il buon credito, di tutto il contesto lavorativo; e quindi la legalità e l’etica di tale contesto e – tramite il lavoro pubblico – la legalità e l’etica dello Stato, per dare migliore attuazione al disegno dei padri Costituenti.

A questa logica risponde anche la disciplina generale in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi del lavoro pubblico contrattualizzato. Per questa ragione la disciplina riguardante il conferimento di incarichi ai pubblici dipendenti è stata accompagnata dall’emanazione del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici e successivamente dei Codici di comportamento delle singole Amministrazioni. Si tratta di una normativa volta a garantire l’obbligo di esclusività che ha primario rilievo nel rapporto di impiego pubblico. Per tali ragioni la disciplina è applicabile a tutte le situazioni di svolgimento di funzioni in qualità di agente dell’Amministrazione pubblica, normalmente grazie all’esistenza di un rapporto di servizio con la Pa, che comporta specifici doveri in capo all’interessato correlati allo svolgimento dei compiti attribuiti all’Amministrazione e derivanti dal citato obbligo di esclusività. Quindi l’ambito di applicazione della disciplina è molto ampio e tale da ricomprendere sia i dipendenti il cui rapporto di lavoro sia stato contrattualizzato, sia quelli rimasti in regime di diritto pubblico, sia i lavoratori professionali con rapporto a tempo determinato o part-time al di sopra di certi limiti, sia coloro che svolgono incarichi onorari, sia coloro che sono legati alla Pa per effetto di un contratto di diritto privato anche di natura autonoma. Quel che conta è che vi sia un inserimento dell’attività lavorativa nell’apparato organizzativo della Pa. Mentre, ai suindicati fini, è irrilevante il tipo di titolo in base al quale la suddetta attività è svolta, e che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in un contratto di diritto privato e così via. In tutti i casi l’obbligo di esclusività risponde all’imparzialità e alla trasparenza della Pa.

Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore