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Carica di amministratore unico e lavoro subordinato

La Corte di Cassazione – sentenza n°20040 del 21 giugno 2022 – ha (ri)confermato la incompatibilità tra la carica di amministratore unico e la condizione di lavoratore subordinato.

Nel caso de quo, la Corte d’Appello di Caltanissetta aveva respinto l’appello proposto da una società cooperativa a r.l.  e dal legale rappresentante pro tempore della società, confermando la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di nullità del verbale di accertamento con cui l’Inps aveva disconosciuto il rapporto di lavoro subordinato tra la società cooperativa e l’amministratore unico della stessa, ed aveva altresì respinto l’opposizione alla cartella di pagamento relativa ai premi assicurativi pretesi dall’Inps e dall’Inail sulla base del citato verbale di accertamento.

La Corte territoriale aveva, inoltre, dichiarato improponibile la domanda di restituzione o di diversa imputazione delle somme versate a titolo di contribuzione previdenziale per il rapporto di lavoro subordinato dell’amministratore, in difetto di previa domanda amministrativa.

Avverso tale sentenza la cooperativa a.r.l. e l’amministratore unico hanno proposto ricorso per cassazione, duolendosi dell’operato della Corte di merito che aveva escluso la compatibilità tra la carica di amministratore unico e la condizione di lavoratore subordinato senza considerare le caratteristiche che la legge n°142/2001 assegna alle cooperative di produzione e lavoro (id: sociali), in tal modo rendendo una motivazione inidonea a soddisfare il requisito del cd. minimo costituzionale.

Orbene, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso evidenziando che la Corte territoriale si era uniformata al costante orientamento di legittimità, ribadito a proposito delle società di capitali e delle società di persone ed anche per le cooperative di produzione e lavoro (Cfr. Cass. n. 36362 del 2021), secondo cui, nel caso di amministratore unico di società di capitali, non è configurabile il vincolo di subordinazione perché mancherebbe la soggezione del prestatore ad un potere sovraordinato di controllo e disciplina, escluso dalla immedesimazione in unico soggetto della veste di esecutore della volontà sociale e di quella di unico organo competente ad esprimerla.

Sul punto, hanno continuato gli Ermellini, come opportunamente rilevato dall’Inps nel controricorso, neppure era stato provato che colui che formalmente figurava come amministratore unico non esercitasse di fatto i relativi poteri e fosse invece, in concreto, soggetto alle determinazioni altrui, cosicché non potesse escludersi, in base al principio di effettività, il vincolo della subordinazione.

Da ultimo, gli Ermellini hanno ribadito il proprio orientamento sull’improponibilità della domanda giudiziale per il rimborso di contributi indebitamente corrisposti all’Inps, ove il giudizio sia stato instaurato senza preventiva presentazione della domanda amministrativa che, infatti, costituisce condizione di proponibilità dell’azione giudiziaria.

Fonte Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli