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Appalti, se il ccnl è sbagliato rischia pure il committente

Le nuove sanzioni penali per l’appalto illecito recentemente introdotte dal Dl 19/2024 non sono l’unico tema che l’intervento normativo, adottato sotto la spinta emotiva dei gravi incidenti verificatisi in alcuni cantieri, pone alle aziende che ricorrono all’affidamento in appalto all’esecuzione di opere o servizi.

L’appalto, per la verità, in particolare quello di servizi, è sempre stato uno strumento da maneggiare con cura e attenzione ai profili giuslavoristici, tanto nella fase di stipulazione del contratto quanto (soprattutto) in quella dell’esecuzione del servizio. Oggi tuttavia, accanto al “tradizionale” rischio giuslavoristico della costituzione del rapporto di lavoro in capo all’appaltante, emergono nuovi profili di rischio che impongono un’attenta valutazione da parte delle aziende. Lo stesso Dl 19/2024, accanto alle norme sanzionatorie, prevede, con una norma rimaneggiata in sede di conversione, specifiche regole per l’individuazione del contratto collettivo sul quale misurare la congruità dei trattamenti corrisposti ai lavoratori operanti nell’appalto e nel subappalto.

Il testo della norma ora dispone che al personale impiegato debba essere riconosciuto un trattamento non solo economico (come previsto nel decreto prima della conversione), ma anche normativo, complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona connessi con l’attività oggetto dell’appalto del subappalto.

Ovviamente la norma ha come destinatari gli appaltatori e i subappaltatori, ma la regola della solidarietà fa sì che gli effetti poi si riverberino sul committente, che potrà trovarsi costretto a sopportare le conseguenze di una errata individuazione, da parte di appaltatori e subappaltatori, del contratto collettivo da applicare o comunque al quale fare riferimento per parametrare il trattamento economico/normativo dei propri dipendenti. E questo, ovviamente, anche in caso di appalto perfettamente genuino.

Il committente dunque, per tutelarsi, dovrà verificare attentamente quale contratto collettivo è applicato (o applicabile) ai dipendenti dell’appaltatore (e degli eventuali subappaltatori), e non solo con riferimento alla rappresentatività delle associazioni sindacali che lo sottoscrivono. La nuova norma, infatti, richiede che il contratto di riferimento sia quello applicato nel settore e nella zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto. Il che pone non pochi problemi di individuazione del contratto al quale far riferimento, non foss’altro per il non chiaro riferimento alla “zona”.

Purtroppo, però, i problemi non finiscono qui. Un appalto non genuino, che si risolva in una intermediazione illecita, può generare rischi fiscali tutt’altro che trascurabili. L’illiceità del contratto potrebbe infatti portare con sè, secondo una recente giurisprudenza tributaria, la contestazione della detraibilità dell’Iva pagata sul corrispettivo dell’appalto, nonchè l’indeducibilità dei corrispettivo stesso ai fini dell’imposta sui redditi e dell’Irap. E, ancora, potrebbe essere contestato il reato di «dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti», di cui all’articolo 2 del Dlgs 74/2000. Con possibili riflessi sulla responsabilità della società ai sensi del Dlgs 231/2001. Una concatenazione di conseguenze negative che impone alle aziende, in caso di ricorso all’appalto, un surplus di attenzione al trattamento e alla gestione del personale dipendente dei fornitori. Anche perché la normativa europea, con le direttive già in vigore e in arrivo sulla responsabilità sociale delle imprese, va nella direzione di imporre progressivamente specifici obblighi di rendicontazione sui processi aziendali di controllo sul trattamento dei lavoratori coinvolti nella cosiddetta catena del valore.

Fonte Norme & Tributi Plus – Il Sole 24ore