Con il Collegato Lavoro 2025 continua l’opera di manutenzione normativa del contratto di somministrazione di lavoro, nella variante a tempo determinato. Nell’ambito di un corpus normativo destinato a semplificare ulteriormente gli adempimenti amministrativi e a razionalizzare alcuni istituti del rapporto di lavoro (su tutti, assenze ingiustificate, periodo di prova, smart working) e la disciplina di taluni contratti di lavoro flessibili e/o atipici (degne di nota sono anche le novità in materia di contratto a tempo determinato e apprendistato), l’intervento sulla somministrazione di lavoro a tempo determinato si spiega con la determinazione del legislatore di ampliare le occasioni di fruibilità dell’istituto, semplificandone il ricorso in talune fattispecie concrete.
Le misure si muovono lungo tre direzioni, con interventi integrativi “mirati” sul testo del D.lgs. 81/2015.
Computo dei somministrati a termine: nuovi esoneri al tetto del contingentamento
Un primo ambito dell’intervento correttivo attiene ai limiti massimi di utilizzo dei lavoratori in somministrazione a tempo determinato.
Come risaputo, a norma dell’art. 31, c. 2, D.Lgs. 81/2015, salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore – e fermo restando il limite del 20% di assunzioni a termine rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione (disposto dall’art. 23) – il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti, con arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5 (c.d. contingentamento).
Rispetto a tale tetto, sempre il c. 2 dell’art. 31 cit. elenca alcune categorie di lavoratori esenti da limiti quantitativi, e dunque utilizzabili in somministrazione a tempo determinato anche in sovrannumero: i lavoratori di cui all’art. 8, c. 2, Legge 223/91; i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali; i lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati” ai sensi dell’art. 2, nn. 4 e 99, Reg. UE 651/2014, come individuati con DM Lavoro.
Il Collegato Lavoro 2025, ora, aggiunge a tale elenco ulteriori ipotesi di utilizzo di lavoratori in somministrazione a tempo determinato non computabili ai fini della determinazione del tetto massimo del 30%.
In particolare, si prevede che non rientrano nei limiti quantitativi dei lavoratori in somministrazione a tempo determinato gli stessi soggetti già esclusi a norma dell’art. 23, c. 2, D.lgs. 81/2015 dal computo delle limitazioni quantitative dettate per il ricorso al contratto a tempo determinato. Trattasi dei lavoratori utilizzabili:
- nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;
- da imprese start-up innovative di cui all’art. 25, c. 2 e 3, DL 179/2012, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società ovvero per il più limitato periodo previsto per le società già costituite;
- per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all’art. 21, c. 2, DLgs 81/2015;
- per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive;
- per sostituzione di lavoratori assenti;
- qualora si tratti di lavoratori di età superiore a 50 anni.
Inoltre, non rientrano nei limiti di utilizzo anche i soggetti assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Con particolare riferimento, infine, all’utilizzo dei lavoratori in somministrazione per lo svolgimento delle attività stagionali, va ricordato che l’art. 21, c. 2, DLgs 81/2015, ai fini della qualificazione giuridica delle c.d. “attività stagionali” – per le quali è prevista una normativa di maggior favore ai fini del ricorso al contratto a tempo determinato – rinvia alle ipotesi individuate da apposito DM Lavoro, o in alternativa dalla contrattazione collettiva, o ancora in carenza di entrambi dalle disposizioni di cui al DPR 7 ottobre 1963, n. 1525.
Orbene, intervenendo con una norma di interpretazione autentica, il Collegato Lavoro 2025 (art. 11) chiarisce ora che rientrano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal DPR 1525/1963, anche «le attività organizzate per far fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi» stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative.
Viene dunque coniata una nozione di stagionalità più ampia, in quanto collegata, oltre che a determinati periodi dell’anno, anche a picchi di “cicli produttivi” che dovessero riguardare l’azienda datrice di lavoro e/o utilizzatrice. Una nozione di stagionalità che, per effetto del richiamo alla disciplina dei contratti a termine di cui si è detto, trova ora applicazione anche nella somministrazione a tempo determinato.
Il computo dei lavoratori in somministrazione assunti a tempo indeterminato dall’agenzia
Sempre in chiave di “computo” dei lavoratori utilizzabili in somministrazione a tempo determinato, vengono eliminati gli ultimi due periodi dell’art. 31, c. 1, DLgs 81/2015.
Si tratta dei disposti che, per le ipotesi di somministrazione a tempo determinato in cui l’agenzia abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore somministrato, prevede(va) che l’eventuale superamento del limite di durata di 24 mesi, anche non continuativi, non determina(sse) in capo all’utilizzatore la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.
La disposizione, già statuita con efficacia fino al 30 giugno 2025, viene dunque eliminata ante tempus.
La deroga alle causali giustificative ex art. 19, D.lgs. 81/2015
L’ultimo correttivo riguarda, infine, l’art. 34, c. 2, D.lgs. 81/2015 che – in tema di “disciplina dei rapporti di lavoro” in somministrazione – prevede che in caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina del contratto a tempo determinato, con esclusione delle disposizioni di cui agli artt. 21, c. 2, (rinnovi e stop&go) 23 (contingentamento) e 24 (diritti di precedenza).
Il Collegato Lavoro 2025 integra tale norma specificando che le condizioni di cui all’art. 19, c. 1, D.lgs. 81/2015 – concernenti la durata massima del contratto di lavoro a termine e il ricorso alle causali giustificative in caso di suo superamento – “non operano in caso di impiego di soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, come individuati con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali previsto dall’articolo 31, comma 2, del presente decreto”.
Va ricordato che per “lavoratori svantaggiati” si intendono coloro per i quali ricorra, in via alternativa, una delle seguenti condizioni:
- essere privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
- abbiano un’età compresa tra i 15 e i 24 anni;
- non possiedano un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o abbiano completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non abbiano ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;
- abbiano superato i 50 anni di età;
- siano adulti che vivono soli con una o più persone a carico;
- siano occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato;
- appartengano a una minoranza etnica di uno Stato membro UE e abbiano la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile.
Per “lavoratori molto svantaggiati”, invece, si intendono i soggetti:
- privi da almeno 24 mesi di un impiego regolarmente retribuito;
- privi da almeno 12 mesi di un impiego regolarmente retribuito e appartengono a una delle categorie indicate dalle lettere da b) a g).
La novella comporta dunque che, in caso di somministrazione a tempo determinato di durata superiore ai 12 mesi con uno dei soggetti menzionati, l’utilizzatore non sarà tenuto a subordinare l’attivazione del rapporto di lavoro alla presenza di una delle causali giustificative (da indicare all’interno del contratto di assunzione sottoscritto tra l’Agenzia di lavoro ed il lavoratore) di cui all’art. 19 cit.