L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 225/E del 21 novembre 2024, fornisce alcuni chiarimenti in merito al regime di parziale detassazione previsto dall’articolo 24 del decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, per l’indennità relativa al trattamento di fine servizio (TFS), consistente in una riduzione di 1,5 punti percentuali annui dell’aliquota d’imposta sul reddito delle persone fisiche in funzione del decorso dei tempi di attesa previsti per l’erogazione della prestazione.
Questo il parere fornito dall’Agenzia delle Entrate.
Il decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, contenente ”Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni”, all’articolo 24, rubricato ”Detassazione TFS”, prevede che «1. L’aliquota dell’imposta sul reddito delle persone fisiche determinata ai sensi dell’articolo 19, comma 2bis, del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sull’indennità di fine servizio comunque denominata è ridotta in misura pari a:
a) 1,5 punti percentuali per le indennità corrisposte decorsi dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o, se la cessazione sia anteriore al 1° gennaio 2019, a decorrere da tale data;
b) 3 punti percentuali per le indennità corrisposte decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o, se la cessazione sia anteriore al 1° gennaio 2019, a decorrere da tale data;
c) 4,5 punti percentuali per le indennità corrisposte decorsi trentasei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o, se la cessazione sia anteriore al 1° gennaio 2019, a decorrere da tale data;
d) 6 punti percentuali per le indennità corrisposte decorsi quarantotto mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o, se la cessazione sia anteriore al 1° gennaio 2019, a decorrere da tale data;
e) 7,5 punti percentuali per le indennità corrisposte decorsi sessanta mesi o più dalla cessazione del rapporto di lavoro o, se la cessazione sia anteriore al 1° gennaio 2019, a decorrere da tale data.
2. La disposizione di cui al presente articolo non si applica sull’imponibile dell’indennità di fine servizio di importo superiore a 50.000 euro».
La relazione tecnica al disegno di legge chiarisce che la norma in esame «prevede «a regime» un’agevolazione ai fini della tassazione delle indennità di fine servizio corrisposte ai dipendenti pubblici di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che cessano il rapporto di lavoro successivamente al 31 dicembre 2018 stabilendo una riduzione dell’aliquota determinata ai sensi dell’articolo 19, comma 2bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, crescente in funzione degli anni che decorrono dalla cessazione del rapporto di lavoro all’erogazione dell’indennità medesima. Ilsecondo periodo limita l’applicazione del beneficio in parola all’imponibile dell’indennità di importo fino a 50.000 euro. Per gli imponibili di importo superiore al predetto limite si applica l’aliquota piena».
I commi 7 ed 8 dell’articolo 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 dispongono, tra l’altro che con riferimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche «7. (…) il riconoscimento dell’indennità di buonuscita, dell’indennità premio di servizio, del trattamento di fine rapporto e di ogni altra indennità equipollente corrisposta unatantum comunque denominata spettante a seguito di cessazione a vario titolo dall’impiego è effettuato:
a) in un unico importo annuale se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente pari o inferiore a 50.000 euro;
b) in due importi annuali se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a 100.000 euro. In tal caso il primo importo annuale è pari a 50.000 euro e il secondo importo annuale è pari all’ammontare residuo;
c) in tre importi annuali se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente uguale o superiore a 100.000 euro, in tal caso il primo importo annuale è pari a 50.000 euro, il secondo importo annuale è pari a 50.000 euro e il terzo importo annuale è pari all’ammontare residuo.
8. Resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di determinazione della prima scadenza utile per il riconoscimento delle prestazioni di cui al comma 7 ovvero del primo importo annuale, con conseguente riconoscimento del secondo e del terzo importo annuale, rispettivamente, dopo dodici mesi e ventiquattro mesi dal riconoscimento del primo importo annuale».
In ragione della lettera dell’articolo 24 in esame che, in base al comma 2, fa riferimento all’imponibile del TFS, si ritiene che l’importo di euro 50.000 costituisca il limite massimo entro il quale applicare la riduzione dell’aliquota determinata ai sensi dell’articolo 19, comma 2bis, del Tuir, indipendentemente dall’importo complessivo del TFS erogato.
Ciò posto, con riferimento al primo quesito, sulla base della relazione tecnica, che chiarisce che «Per gli imponibili di importo superiore al predetto limite [euro 50.000,00] si applica l’aliquota piena», si ritiene che il limite massimo di detassazione di euro 50.000,00 sia riferibile all’imponibile fiscale complessivo determinato ai sensi dell’articolo 19, comma 2bis, del Tuir, indipendentemente dalla circostanza che il pagamento avvenga in un unico importo annuale o in più rate ai sensi dell’articolo 12 del decreto legge n.
78 del 2010.
Con riferimento al secondo quesito, occorre considerare che l’articolo 24 del decreto legge n. 4 del 2019 rubricato ”Detassazione TFS” ha espressamente previsto la parziale detassazione esclusivamente per detto istituto, senza fare alcun riferimento al TFR. Pertanto, si ritiene che tale regime non può essere applicato anche alle ipotesi di erogazione del TFR.
Come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, le norme agevolative di carattere fiscale rientrano tra quelle di carattere eccezionale che richiedono un’esegesi ispirata al criterio di stretta interpretazione e non ammettono interpretazione analogica o estensiva, con la conseguenza che i benefici in esse contemplati non possono essere estesi oltre l’ambito di applicazione come rigorosamente identificato in base alla definizione normativa (cfr. ex multis, Corte di Cassazione, sentenza 7 febbraio 2013, n. 2925, ordinanza 30 ottobre 2020, n. 24045).