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La Diffida Amministrativa e la possibile fruizione secondo l’INL

Un interessante Approfondimento di Eufranio Massi,  Esperto di Diritto del Lavoro, sul tema “La Diffida Amministrativa e la possibile fruizione secondo l’INL“:
 
 

LA DIFFIDA AMMINISTRATIVA E LA POSSIBILE FRUIZIONE SECONDO L’INL

La semplificazione dei rapporti tra Pubblica Amministrazione ed operatori economici è un obiettivo che tutti i Governi si pongono ma esso, per una serie di motivi (non ultimo quello di una burocrazia che cerca sempre di tenere stretto il proprio “potere interdittivo”) è sempre difficile da raggiungere. In tale logica deve essere interpretato il D.L.vo 12 luglio 2024, n. 103 il quale si rivolge, in una logica di semplificazione dei controlli sulle attività economiche, a tutte le Pubbliche Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nonché agli Enti locali.

Il provvedimento rimanda, per la piena attuazione, ad alcuni adempimenti amministrativi di un certo spessore: basti pensare al fascicolo informatico di impresa con i relativi obblighi di consultazione per chi effettua i controlli che sarà istituito presso le Camere di Commercio (art. 4), alla emanazione di principi generali del procedimento di controllo (art. 5) il cui onere ricade sia sui Ministeri che sulle Regioni e sugli altri Enti interessati (ovviamente, per le parti di competenza), previsto dall’art. 5, o all’impegno delle Amministrazioni che debbono “garantire la piena conoscenza degli obblighi ai quali i soggetti controllati sono tenuti ad  eliminare sovrapposizioni e duplicazioni di controlli” (art. 2).

Tra i soggetti interessati dalle nuove disposizioni c’è anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro che ha emanato, con la nota n. 1357 del 31 luglio 2024, della propria Direzione Giuridica, le prime indicazioni operative per il proprio personale alla quale ha fatto seguito la nota n. 6774 dello scorso 17 settembre della Direzione della vigilanza e sicurezza sul lavoro con cui sono state indicate le violazioni per le quali è applicabile la diffida amministrativa ed è stato trasmesso agli ispettori del lavoro il modello da utilizzare per la contestazione ai datori di lavoro

L’attività di vigilanza trova, essenzialmente, norme che la riguardano nell’ art. 6.

Ma, cosa afferma l’articolato?

Esso dispone che “Salvo che il fatto costituisca reato, per le violazioni per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria non superiore nel massimo a 5.000 euro, l’organo incaricato del controlli, nel caso in cui accerti, per la prima volta nell’arco di un quinquennio, l’esistenza di violazioni sanabili, diffida l’interessato a porre termine alla violazione, ad adempiere alle prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo, entro un termine non superiore a 20 giorni. In caso di ottemperanza alla diffida, il provvedimento sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanate. L’istituto della diffida amministrativa di cui al presente decreto non si applica a violazioni di obblighi che riguardano la tutela della salute, la sicurezza e l’incolumità pubblica e la sicurezza sui luoghi di lavoro”.

Dalla lettura di quanto sopra, si ricavano alcuni elementi essenziali che aiutano a comprendere l’ambito di applicazione della diffida amministrativa:

  1. Essa si applica laddove si sia presenza di una sanzione amministrativa pecuniaria che rientra nell’ambito della legge n. 689/1981;
  2. La sanzione amministrativa non deve individuare, nella misura massima, un importo superiore a 5.000 euro (limite previsto “in astratto” dalla norma): ciò significa che la diffida non può essere applicata sia alla maxi sanzione per lavoro nero, che alle sanzioni proporzionali, che aumentano con il protrarsi della violazione, come quelle ex art. 15, comma 4, della legge n. 68/1999 relativa alla scopertura dei posti riservati ai lavoratori disabili;
  3. La violazione accertata non deve essersi anche verificata nel quinquennio precedente la constatazione: di qui la necessità di un accertamento “a ritroso” da parte degli organi di vigilanza;
  4. La violazione deve essere materialmente sanabile, con esclusione, quindi, di tutte quelle situazioni in cui l’interesse giuridico non è recuperabile, come, ad esempio, il pagamento delle retribuzioni effettuato con modalità non tracciabili. Essa è applicabile alle violazioni amministrative documentali come quelle correlate alla elaborazione del LUL, a meno che l’inosservanza si sia verificata per un periodo superiore a 12 mesi o abbia interessato più di 10 lavoratori, in quanto la sanzione massima risulterebbe superiore a 5.000 euro, alle omesse comunicazioni di cessazione del rapporto, alla omessa consegna del prospetto paga (nella ipotesi di base), alla comunicazione preventiva di assunzione, laddove non sia applicabile la c.d. maxi sanzione, alla violazione del principio di non discriminazione se la violazione riguarda non più di cinque lavoratori, alla omessa comunicazione dei posti vacanti presso l’utilizzatore, alla omessa comunicazione dei contratti di somministrazione conclusi, alla comunicazione preventiva del lavoro agile, all’assenza del tutor nel contratto di apprendistato, alla comunicazione del distacco all’interno del contratto di rete: queste sono soltanto alcune violazioni citate nell’allegato dell’INL alla nota del 17 settembre 2024
  5. La violazione accertata non deve essere contenuta in un adempimento normativo a cui l’Italia era tenuta per adeguarsi all’ordinamento europeo (ad esempio, Direttive comunitarie) o al diritto internazionale come, ad esempio, gli obblighi di informazione nei confronti dei dipendenti relativi ai singoli rapporti di lavoro, alla luce del D.L.vo n. 104/2022 che ha modificato la norma originaria contenuta nel D.L.vo n. 152/1997 (anch’essa frutto di una precedente Direttiva europea): a tal proposito, va ricordato come la Direttiva n. 2019/1152, da cui ha tratto origine il D.L.vo n. 124/2022, affermi che le sanzioni debbono avere  caratteristiche di dissuasione, effettività e proporzionalità, cosa non possibile con il provvedimento di diffida amministrativa.

La diffida amministrativa non è, invece, applicabile:

  1. Nelle violazioni che riguardano la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro che non sono soltanto quelle previste dal D.L.vo n. 81/2008, la cui rilevanza è in grandissima parte, di natura penale e, quindi, esclusa;
  2. Nelle violazioni previste dall’ordinamento come penali (è il caso, ad esempio, della somministrazione illecita o fraudolenta, del distacco illecito, dell’appalto illecito le cui sanzioni sono state riviste dall’art. 29 del D.L. n. 19/2024);
  3. Nelle violazioni che derivano dall’adempimento da parte dello Stato Italiano a “vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale”, come detto pocanzi.

L’INL , con le due note soprariportate, invita gli ispettori del lavoro che dovessero trovare situazioni in cui è applicabile la diffida amministrativa, ad intimare, attraverso un modello di diffida amministrativa trasmesso, in allegato, alla lettera del 17 settembre u.s., al trasgressore di porre termine alla violazione, a sanare le irregolarità ed a ripristinare, se necessario, la situazione antecedente, adempiendo alle prescrizioni impartite dagli ispettori del lavoro, entro 20 giorni (i termini concessi sono sospensivi di quelli previsti per la notifica degli estremi della violazione).

L’adempimento estingue, senza alcun addebito, la sanzione ma, in caso di mancata osservanza, si seguirà la procedura ordinaria (contestazione dell’illecito entro 90 giorni ex art. 14 della legge n. 689/1981 ed applicazione degli importi sanzionatori ex art. 16).

La Direzione Giuridica dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ricorda, inoltre, nella nota del 31 luglio 2024, che il soggetto controllato non è responsabile allorquando la violazione sia stata commessa per errore sul fatto non determinato da colpa, cosa non nuova nel nostro ordinamento, atteso che se ne trova una di analogo contenuto nel comma 2 dell’art. 3 della legge n. 689/1981.

Ovviamente, è appena il caso di sottolineare che la diffida amministrativa ex D.L.vo n. 103/2024 non va assolutamente confusa con la diffida ex art. 13 del D.L.vo n. 124/2004 e con la diffida accertativa per crediti patrimoniali ex art. 12.

La nota dell’INL del 31 luglio u.s., si sofferma anche su altri principi contenuti nel D.L.vo n. 103/2024: è il caso individuato dal comma 3 dell’art. 5 laddove si afferma che fatte salve le richieste dell’autorità giudiziaria o le specifiche segnalazioni di soggetti privati e pubblici (come le denunce ben motivate pervenute negli Ispettorati territoriali del Lavoro), la casistica individuata dal diritto dell’Unione Europea, i controlli in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro o nelle situazione di rischio ove occorre intervenire immediatamente, le Amministrazioni sono tenute a programmare gli interventi con intervalli temporali correlati alla gravità dei rischi (ma la maggior parte degli interventi degli ispettori del lavoro sono per verifiche in materia di sicurezza sul lavoro e per situazioni di rischio).

C’è, poi, un altro passaggio, nel comma 6 dell’art. 5 laddove si ipotizza uno strumento, sostanzialmente analogo, alla c.d. “lista di conformità” disciplinata dall’art. 29, commi 7, 8 e 9 del D.L. 19/2024: quest’ultima, viene considerata “norma speciale” dall’INL, per cui i contenuti del predetto comma non si applicano. Ovviamente, tutte le informazioni relative all’inserimento del datore di lavoro nella c.d. “lista di conformità”, dovranno essere inviate anche al fascicolo informatico d’impresa gestito dalle Camere di Commercio, al fine di consentirne la conoscenza da parte di altre Amministrazioni Pubbliche interessate ai controlli per la parte di loro competenza.

Il D.L.vo n. 103/2024 prevede, inoltre, altri tre passaggi importanti che possono così riassumersi:

  1. Sullo stesso datore di lavoro non si possono essere svolte ispezioni da parte di più Enti in contemporanea, a meno che non si tratti di ispezioni congiunte: di qui la necessità di uno stretto coordinamento tra i soggetti interessati che, in linea di massima, per la “materia lavoro”, oltre all’Ispettorato territoriale del Lavoro, sono l’INPS, l’INAIL, la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate e le ASL;
  2. I provvedimenti adottati (art. 5), ivi comprese le sanzioni, debbono rispettare il principio di proporzionalità rispetto al livello di rischio, al pregiudizio arrecato ed alle dimensioni dell’azienda controllata. Questo principio generale riguarda un momento successivo all’ispezione, quello dell’ordinanza-ingiunzione e chiama in causa, direttamente, i Dirigenti degli Ispettorati Territoriali del Lavoro e di quelli degli Ispettorati delle Aree Metropolitane, essendo un provvedimento di loro esclusiva competenza. In ogni caso, si tratta di criteri che vanno ad aggiungersi (e, parzialmente, a sovrapporsi) a quelli già richiamati dall’art. 11 della legge n. 689/1981 laddove si afferma che “si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”;
  3. Sempre l’art. 5 prevede un ulteriore adempimento, al quale l’INL ritiene di essere escluso: è fatto obbligo alle amministrazioni interessate, prima dell’accesso in azienda, di chiedere al datore di lavoro l’elenco della documentazione necessaria per la verifica. Tale onere non può riguardare gli accessi “imprevisti e senza preavviso” allorquando gli organi di vigilanza effettuano controlli su lavoro nero, sulla salute e sicurezza nei posti di lavoro. Ovviamente, una eventuale richiesta preventiva di documenti vanificherebbe l’intervento programmato.

Da ultimo, una breve considerazione: occorrerà, nel medio-lungo termine, valutare l’effettivo impatto su tutte le Amministrazioni pubbliche (Ministeri, Regioni, ecc.) in un’ottica di rapporto con il cittadino con il quale si intendono sanare violazioni di natura, tutto sommato, lieve. L’elenco delle violazioni in materia di lavoro reso noto dall’INL con la nota del 17 settembre u.s. ne è la conferma.