Quando nel 2017 il lavoro agile, consistente nello svolgimento dell’attività lavorativa in parte all’interno ed in parte all’esterno del perimetro aziendale, fu regolamentato in alcuni articoli della legge n. 81/2017, la cosa passò quasi inosservata tra gli operatori, perché si riteneva che esso sarebbe rimasto in un ambito di nicchia.
Con la pandemia, invece, e con la conseguente necessità di svolgere, laddove possibile, le attività lavorative sfruttando il necessario distanziamento, lo smart working prese sempre più piede aiutato anche dalla normativa sull’emergenza che, sia pure temporaneamente, aveva rimosso alcuni adempimenti burocratici connessi, soprattutto, alla variazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.
L’importanza dello Smart Working nel post-pandemia
Da strumento di nicchia, anche in virtù delle trasformazioni aziendali in corso, il lavoro agile, grazie anche ad accordi aziendali che hanno riguardato migliaia di imprese, si è trasformato in uno strumento che ha consentito, tra le altre cose, ai datori di lavoro di razionalizzare alcune organizzazioni lavorative anche obsolete (e di ridurre, conseguentemente, i costi) ed ai lavoratori di continuare a prestare la propria opera, conciliando, in moltissimi casi, le esigenze di vita con quelle del lavoro.
Ora, finita la fase pandemica ed i successivi “aggiustamenti” temporanei, tutto torna nell’alveo previsto dagli articoli 18 e seguenti della legge n. 81/2017 ove è lo stesso apparato normativo ad indicare una serie di elementi essenziali che vanno inseriti nell’accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore subordinato che, peraltro, non è un obbligo, nel senso che le parti sono sempre libere di sottoscriverlo (a meno che l’imprenditore non abbia vincoli precisi scaturenti da un accordo collettivo liberamente sottoscritto).
L’accordo siglato dai contraenti va inoltrato, telematicamente, all’apposito servizio istituito dal Ministero del Lavoro entro cinque giorni dall’inizio della prestazione in modalità agile.
Elementi obbligatori nell’accordo di Smart Working
Se si addiviene alla stipula di un accordo individuale una serie di elementi sono, per così dire, obbligatori, in quanto previsti dalla disposizione di riferimento come, ad esempio, le modalità della prestazione resa al di fuori del perimetro aziendale, i tempi di riposo, le forme in cui si concretizza il potere disciplinare, la garanzia della non discriminazione sia in termini di carriera che di retribuzione, anche legata alla produttività, la strumentistica necessaria per lo svolgimento dell’attività, le misure di sicurezza, la tutela in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, la durata della modalità lavorativa che può essere a termine o a tempo indeterminato.
Clausole aggiuntive per evitare futuri contenziosi
Oltre a quanto appena detto, sia pure sinteticamente, ritengo che sia opportuno (anche per evitare futuri contenziosi non solo giudiziali) inserire altre clausole come, ad esempio:
- La disconnessione del lavoratore dal sistema informatico necessario per l’espletamento dell’attività: si tratta di una questione che, sovente, non viene presa in considerazione con l’importanza che merita, in quanto da un eccesso potrebbero scaturire questioni correlate alla salute ed alla sicurezza del dipendente;
- La reperibilità del dipendente, con l’indicazione, se necessario, delle modalità relative;
- Il numero massimo di giorni di svolgimento dell’attività in modalità agile: ovviamente, il parametro di riferimento può essere la settimana, il mese o l’anno, con l’indicazione delle conseguenti regolamentazioni per quel che riguarda l’effettiva fruizione;
- Le eventuali misure di favore previste per il personale femminile con prole in tenera età;
- Il possibile inserimento di una normativa specifica sui buoni pasto;
- L’esclusione di alcuni luoghi per lo svolgimento dell’attività in smart: la norma, infatti, non impone un preciso obbligo di individuazione del luogo (anche se nell’accordo individuale tra le parti è possibile, ed in alcuni casi, opportuno stabilirlo), ma il datore di lavoro può pretendere che la prestazione non sia resa in determinati posti o locali ove non sembra assicurata la sicurezza e l’integrità della prestazione.