Con ordinanza n. 21090/2024, la Corte di Cassazione ha affermato che la certificazione di un contratto di appalto, avvenuta dinanzi ad un organo di certificazione individuato dal decreto legislativo n. 276/2003, non può limitare il giudice tributario dal poter qualificare l’operazione economica sottostante in maniera difforme da quanto risulta dalla medesima certificazione.
Tale giudizio, che giunge dopo decisioni difformi della commissione tributaria provinciale di Modena e della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, parte dal presupposto, a fronte di una riqualificazione del rapporto in somministrazione di manodopera non autorizzata a fronte di una certificazione di appalto operata dall’Agenzia delle Entrate, che il riferimento ai “terzi” rispetto ai quali può essere fatta valere la certificazione prima della decisione di merito di un giudice (e previo tentativo di conciliazione presso l’organo che ha certificato il contratto), ha rilevanza, unicamente, sotto l’aspetto lavoristico in un’ottica di deflazione del contenzioso.
Tale lettura della norma appare in aperto contrasto con gli indirizzi amministrativi del Ministero del Lavoro ed anche giurisprudenziali finora avvenuti (tra gli altri, Trib. Firenze n. 831/2017, Corte d’Appello dell’Aquila n. 1018/2022).