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Somma oggetto di indennità risarcitoria e trattamento fiscale

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 130/E del 6 giugno 2024, risponde ad un quesito in merito al corretto trattamento fiscale applicabile alla somma oggetto di indennità risarcitoria a seguito di una sentenza. In particolare, se la stessa debba essere assoggettata a tassazione ovvero debba essere considerata fiscalmente esente.

 

Questo il parere fornito dall’Agenzia delle Entrate.

L’articolo 51 del Tuir, al comma 1, prevede che «Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro»Tale disposizione sancisce il c.d. ”principio di onnicomprensività” del reddito di lavoro dipendente, in base al quale costituiscono reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce, anche da terzi, nel periodo d’imposta, a qualunque titolo ed anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

L’articolo 6, comma 2, del Tuir, prevede che «I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, […] e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati». 

In linea generale, qualora l’indennizzo percepito da un determinato soggetto vada a compensare in via integrativa o sostitutiva, la mancata percezione di redditi di lavoro ovvero il mancato guadagno, le somme corrisposte sono da considerarsi dirette a sostituire un reddito non conseguito (c.d. lucro cessante) e conseguentemente vanno ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente ed assoggettate a tassazione. Nella diversa ipotesi in cui il risarcimento venga erogato con la finalità di indennizzare il soggetto delle perdite effettivamente subite ovvero di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (c.d. danno emergente), le somme corrisposte non saranno assoggettata a tassazione. In tale evenienza, infatti, viene meno il presupposto impositivo dal momento che l’indennizzo assume un carattere risarcitorio del danno alla persona del soggetto leso e manca una qualsiasi funzione sostitutiva o integrativa di eventuali trattamenti retributivi.

Al riguardo, l’amministrazione finanziaria in diversi documenti di prassi ha precisato che devono essere ricondotte a tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente; sono in sostanza imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni (lucro cessante) sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce. Diversamente non assumono rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto, ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (danno emergente) (cfr. risoluzione 22 aprile 2009, n. 106/E e 7 dicembre 2007, n. 356/E).

Al fine di pervenire alla corretta qualificazione giuridica delle somme corrisposte, nei sopracitati documenti di prassi è stato precisato che deve essere cura dell’interessato provare concretamente l’esistenza e l’ammontare di tale danno in quanto «in assenza di tale prova torna applicabile il principio più volte affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui alla somma versata dal datore di lavoro in base ad una definizione transattiva della controversia, che tenga ferma la cessazione del rapporto, deve essere presuntivamente attribuita, al di là delle qualificazioni formalmente adottate dalle parti, la natura di ristoro della perdita di retribuzioni che la prosecuzione del rapporto avrebbe implicato, e quindi il risarcimento di un danno qualificabile come lucro cessante» (cfr. Cass. n. 360 del 2009 ed inoltre n. 14167 del 2003 e n. 4099 del 2000).

Ciò posto, l’articolo 39 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 prevede che «1. Nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore, ai sensi dell’articolo 38, comma 2, trovano applicazione le disposizioni dell’articolo 6 della legge n. 604 del 1966, e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore. 2. Nel caso in cui il giudice accolga la domanda di cui al comma 1, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge n. 604   del 1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro».

Nel caso in esame, dalla sentenza emerge che «stante dunque la preclusione alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze della resistente l’unica conseguenza applicabile alla accertata violazione del disposto di cui all’art. 31. Co. 2 D.Lgs. 81/2015 è da individuarsi nell’indennità risarcitoria di cui all’art. 39. Co. 2 D.Lgs. cit.» ed inoltre che «tenuto conto della limitata durata    del contratto e della relativa proroga (circa 10 mesi complessivi), delle dimensioni dell’impresa e dei dipendenti occupati, oltre che del comportamento e delle condizioni delle parti, il Giudice determina l’indennità risarcitoria nella misura di 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto».

Per le suesposte considerazioni, tenuto conto della determinazione dell’indennità in esame ai sensi e per effetto del citato articolo 39, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2015, che ”ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive”, si ritiene che l’indennità risarcitoria corrisposta dall’Istante sia qualificabile quale risarcimento del danno consistente nella perdita di redditi di lavoro dipendente e come tale abbia una valenza sostitutiva del reddito non conseguito ai sensi del citato articolo 6 del Tuir.

Tenuto conto che ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera b, del Tuir, l’imposta si applica separatamente sugli «emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, compresi i compensi e le indennità di cui al comma 1 dell’articolo 50 e al comma 2 dell’articolo 49», le somme corrisposte dall’Istante alla ricorrente debbano essere assoggettate a tassazione separata.