Il recente rinnovo contrattuale dei CCNL Studi Professionali e Terziario, Commercio e Distribuzione hanno riacceso i riflettori sull’obbligo o meno di versamento della quota ad enti bilaterali e fondi integrativi assistenziali e sulle possibili conseguenze legate alla decisione del datore di lavoro di non riconoscere il versamento di tali somme.
Enti bilaterali e fondi assistenziali, le novità dei CCNL Studi Professionali e Terziario, Commercio e Distribuzione
I recenti rinnovi contrattuali del CCNL Studi Professionali (operativo dalle competenze del mese di marzo 2024) e del CCNL Terziario, Commercio, Distribuzione (operativo dalle competenze del mese di aprile 2024) sono stati caratterizzati da un importante intervento non soltanto in relazione agli aumenti contrattuali, ma anche con attenzione ad aspetti di welfare, wellbeing e caring che sono tipicamente garantiti dagli enti bilaterali e dai fondi integrativi assistenziali.
L’attenzione di entrambi i contratti agli aspetti di bilateralità ed assistenza sono strettamente correlati alle attuali esigenze del mercato del lavoro che rileva maggiore attenzione da parte dei lavoratori agli aspetti di cura e armonizzazione dei tempi di vita/lavoro, indipendentemente dall’età o dalla generazione che li caratterizza. Tali considerazioni sono state recentemente confermate anche dalla pubblicazione del settimo rapporto Censis, che ha sviluppato un’attenta disamina delle necessità e dei desideri espressi dai lavoratori, che vanno esattamente in una direzione di cura e attenzione della propria sfera privata superiore al desiderio di carriera e alla disponibilità di dedicare ampiamente il proprio tempo alle attività lavorative.
A fronte di questo intervento, le parti stipulanti dei due contratti collettivi nazionali di lavoro in esame hanno inteso aggiornare anche gli importi relativi al versamento della quota per accedere ai servizi di enti bilaterali e fondi integrativi, confermando la compartecipazione di datore di lavoro e lavoratore alla spesa da sostenersi.
Alternativa al versamento della contribuzione
Come previsto dai due rinnovi in esame, il datore di lavoro può decidere di non provvedere all’iscrizione all’Ente Bilaterale e al versamento della relativa quota di contribuzione, riconoscendo -in alternativa- un elemento distinto della retribuzione a favore del lavoratore, che viene considerato elemento utile alla definizione della retribuzione globale di fatto.
In relazione al CCNL Studi Professionali, In caso di mancata adesione al sistema della bilateralità e di omesso versamento del relativo contributo, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore un importo pari 43,00 euro mensili (prima 32,00 euro mensili) per 14 mensilità (con esclusione di riproporzionare in caso di orario di lavoro ridotto); l’importo verrà riconosciuto in busta paga con cadenza mensile e costituisce un elemento aggiuntivo della retribuzione, non assorbibile, che incide su tutti gli istituti retributivi legali e contrattuali, compresi quelli indiretti o differiti, incluso il trattamento di fine rapporto.
Parimenti, il CCNL Terziario, Servizi e Distribuzione prevede che in alternativa al versamento del contributo all’ente bilaterale sarà dovuto un elemento distinto della retribuzione (0,30% di paga base e contingenza), per 14 mensilità.
Qualora il datore di lavoro decida di non optare nemmeno per l’adesione ai servizi del Fondo Est, dovrà essere garantito al lavoratore un ulteriore elemento distinto della retribuzione, riconosciuto nella misura di 16 euro mensili, per 14 mensilità.
Riflessi in termini di accesso ai benefici contributivi
La disciplina relativa ad enti bilaterali e fondi assistenziali integrativi è prevista, per entrambi i contratti collettivi presi in esame, all’interno della sezione obbligatoria del contratto collettivo e da ciò ne deriva l’obbligatorietà di iscrizione agli stessi (o la corresponsione degli elementi sostitutivi). Quali possono essere tuttavia i risvolti, in termine di accesso alle agevolazioni contributive, per i datori di lavoro che non adempiono correttamente a tale obbligo?
Condizioni generali di accesso ai benefici contributivi
Per rispondere in maniera esaustiva al quesito di cui sopra è necessario analizzare le condizioni generali di accesso alle agevolazioni contributive, definite dall’art.51 del D.Lgs.81/2015 e schematizzabili come segue:
1. Possesso del documento unico di regolarità contributiva (durc): «A decorrere dal 01.07.2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento di regolarità contributiva…».
2. Applicazione del ccnl comparativamente più rappresentativo: il datore di lavoro, ai fini dell’acquisizione dei benefici, deve correttamente ed integralmente applicare la parte economica e normativa degli accordi e dei contratti collettivi nazionali e regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritte, stipulate dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché degli altri obblighi di legge.
3. Insussistenza di provvedimenti amministrativi e giurisdizionali per violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro: per fruire dei benefici, non devono sussistere a carico del datore di lavoro provvedimenti di carattere amministrativo o giurisdizionale, definitivi in ordine a violazioni, in materia di tutela delle condizioni di lavoro (allegato A, Decreto Ministeriale 24 ottobre 2007).
4. Rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro: è richiesto al datore di lavoro il rispetto integrale delle norme di cui al T.U. sulla sicurezza (D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81).
Benefici contributivi ed enti bilaterali
Dall’analisi dello schema proposto dall’art.51 del D.Lgs.81/2015 emerge come, in relazione alla corretta applicazione del CCNL di riferimento, rilevino gli aspetti normativi ed economici dello stesso, con conseguente esclusione delle disposizioni relative alla parte obbligatoria.
Sul tema è intervenuta in più battute anche la giurisprudenza, che conferma come l’iscrizione agli enti bilaterali rientri nella parte obbligatoria dei CCNL e non negli istituti economici e normativi.
Va riconosciuto, pertanto, carattere retributivo esclusivamente alle prestazioni da corrispondersi in sostituzione di precisi obblighi del datore di lavoro e natura previdenziale ed assistenziale a quelle di tipo meramente eventuale legate all’avverarsi di determinate situazioni pregiudizievoli la cui contribuzione, tra l’altro, è esclusa dal reddito imponibile ai fini contributivi (casse edili) (Corte di Cassazione, sentenza 6530/2001).
La parte normativa del CCNL contiene disposizioni volte a disciplinare ogni singolo rapporto di lavoro in merito al trattamento economico e normativo, la parte obbligatoria contiene, invece, disposizioni volte non a disciplinare direttamente il rapporto di lavoro, ma a regolare i rapporti fra le associazioni sindacali partecipanti alla stipulazione dei contratti collettivi. Tali clausole, quindi, non svolgono un immediato e diretto effetto normativo sui contratti e sui rapporti di lavoro, ma creano obblighi a carico delle parti stipulanti, il cui contenuto consiste nello svolgimento di alcune attività positive, aventi spesso una funzione strumentale rispetto agli istituti normativi.
L’articolo 10 della legge 14 febbraio 2003, n. 30, ha novellato l’articolo 3 del decreto legge 23 marzo 1993, n. 71, convertito dalla legge 20 marzo 1993, n. 151, stabilendo che:
“Per le imprese artigiane, commerciali e del turismo rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, il riconoscimento di benefici normativi e contributivi è subordinato all’integrale rispetto degli accordi e contratti citati, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Sulla questione è, tuttavia, più volte intervenuta la Corte di Cassazione, la quale ha affermato che il mancato versamento dei contributi agli enti bilaterali non può risultare ostativo al riconoscimento dei benefici (Corte di Cassazione, sentenza 6530/2001).
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, facendo propria la posizione espressa dalla Suprema Corte, ha dunque chiarito che, ai fini del riconoscimento dei benefici normativi e contributivi, per il datore di lavoro l’obbligo di cui all’art. 10 della Legge 2003, n. 30 deve intendersi limitato all’integrale rispetto della sola parte economica e normativa degli accordi e contratti collettivi, nella quale non rientrano, come anticipato, le clausole dei contratti collettivi che impongono l’iscrizione e la relativa contribuzione agli enti bilaterali.
Di conseguenza, come specificato anche dalla Circolare INPS 74/2005, ai fini dell’accesso alle agevolazioni contributive, l’eventuale mancata contribuzione a questi ultimi non assume rilevanza.
Un secondo e distinto ordine di problemi attiene invece alla diversa ipotesi in cui i contratti collettivi di lavoro, dopo aver definito un sistema bilaterale volto a fornire tutele aggiuntive ai prestatori di lavoro nell’ottica di un innovativo welfare negoziale, dispongano l’obbligatorietà non dell’iscrizione all’ente bilaterale, quanto del riconoscimento al prestatore di lavoro, per quei datori di lavoro che non vogliano aderire al sistema bilaterale, di analoghe forme di tutela anche attraverso una loro quantificazione in termini economici.
In questa diversa ipotesi, l’obbligatorietà della tutela ovvero del versamento a favore del prestatore di lavoro di una somma forfettaria o anche all’erogazione diretta, da parte del datore di lavoro, di prestazioni equivalenti a quelle della bilateralità, va correttamente riferita alla parte economico – normativa del contratto collettivo, avendo efficacia sul contenuto delle situazioni di diritto che regolano il rapporto individuale di lavoro tra l’impresa, il datore di lavoro e ciascuno dei propri dipendenti.
Di conseguenza, una volta riconosciuto da parte del contratto collettivo di riferimento che una determinata prestazione rappresenta un diritto contrattuale del singolo lavoratore, l’iscrizione all’ente bilaterale rappresenta nient’altro che una modalità per adempiere al corrispondente obbligo del datore di lavoro.
Là dove espressamente previsto dai contratti collettivi, ogni singolo prestatore di lavoro matura un diritto contrattuale di natura retributiva alla stregua di una retribuzione aggiuntiva o integrativa nei confronti di quei datore di lavoro non aderenti al sistema bilaterale di riferimento che potrà essere adempiuto attraverso il riconoscimento di una somma o di una prestazione equivalenti a quella erogata dal sistema bilaterale di riferimento ai diversi livelli, nei limiti ovviamente i degli importi stabiliti dalla contrattazione collettiva (Circolare MLPS 15 dicembre 2010, n. 43).
Benefici contributivi e fondi integrativi
L’iscrizione a un fondo di assistenza sanitaria integrativa rientra nel contratto collettivo di lavoro applicabile e diventa quindi un elemento del contratto che regola il rapporto tra singolo lavoratore e datore di lavoro.
Rilevante è l’interpretazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, mediante interpello del 21 dicembre 2006, sulla possibilità di attribuire natura obbligatoria anziché normativa alle clausole relative all’istituzione di un Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa contenute nei CCNL per i dipendenti delle aziende del Terziario della Distribuzione e dei Servizi e dei dipendenti delle aziende del Turismo.
Secondo l’interpello, le clausole contrattuali istitutive dei Fondi Assistenza Sanitaria Integrativa per i lavoratori del settore turismo e terziario, distribuzione e servizi, presentano tutti gli elementi e le caratteristiche per poter rivestire natura obbligatoria; pertanto, essendo la mancata applicazione di clausole contrattuali meramente obbligatorie irrilevante ai fini specifici del riconoscimento dei benefici di cui all’art. 10 Legge 2003, n. 30, non si pone il problema di una diversità di trattamento applicabile alle aziende del settore in dipendenza dalla loro iscrizione alle organizzazione sindacali stipulanti, purché vi sia l’integrale rispetto della parte normativa.
Le situazioni alternative a cui il datore di lavoro può aderire: esempi pratici
A conclusione della presente disamina e appurata la possibilità di accedere ad agevolazioni contributive sia mediante il versamento della quota di adesione all’ente/fondo, che mediante la corresponsione al lavoratore di un elemento distinto della retribuzione, è necessario porre una riflessione in termini di convenienza (economica e di prestazioni) sulle scelte che, alternativamente, il datore di lavoro può operare.
A tal proposito dall’analisi delle due situazioni alternative a confronto delle a cui il datore di lavoro può aderire, prendendo in esame il CCNL Terziario ed un lavoratore assunto al livello 4 del CCNL stesso emerge come la scelta di aderire all’Ente Bilaterale e al Fondo corrisponda allo scenario più economico, oltre che maggiormente tutelante per il datore di lavoro.
Oltre a questo aspetto, da ultimo, rileva come l’iscrizione all’Ente Bilaterale permetta al datore di lavoro di accedere, in caso di necessità, ai servizi degli Organismi Paritetici Bilaterali, fra cui la disponibilità del rappresentate dei lavoratori territoriale, RLST.