Dopo una lunga e interminabile serie di rinvii, sembra arrivato il momento dell’uscita definitiva del lavoro agile dal regime emergenziale. È stato bocciato, infatti, l’emendamento al cosiddetto decreto milleproroghe che avrebbe dovuto estendere, per l’ennesima volta, la data di scadenza di alcune regole speciali, quelle in vigore nel settore privato per i genitori di figli minori di 14 anni e per i lavoratori fragili. Se non ci saranno proroghe dell’ultimo momento – il condizionale è d’obbligo, visto quanto accaduto il passato – il prossimo 31 marzo sarà, quindi, l’ultimo giorno in cui esisteranno regole speciali e di maggior favore per queste tipologie di lavoratori.
Dal giorno successivo, verrà meno qualsiasi criterio di priorità nell’accesso al lavoro agile, il cui svolgimento potrà essere negato o concesso dal datore di lavoro esclusivamente in funzione delle proprie esigenze. Questo cambiamento si riflette nella procedura di attivazione applicabile successivamente al 31 marzo: dopo la scadenza, anche questi lavoratori potranno svolgere lavoro agile solo in presenza delle condizioni previste dalla legge 81 del 2017. La principale condizione è quella della sottoscrizione di un accordo scritto: al contrario di quanto accaduto durante la pandemia (per tutti i lavoratori) e nel periodo successivo (solo per alcune categorie), quando è stata riconosciuta la possibilità di attivare lo smart working anche con una semplice e-mail, torna a essere centrale l’accordo tra datore di lavoro e dipendente.
I contenuti dell’accordo
Secondo la legge 81/2017, l’intesa deve avere alcuni contenuti specifici: deve regolare le modalità di svolgimento della prestazione, la gestione degli spazi e degli strumenti di lavoro, il tempo in cui esercitare il diritto alla disconnessione, le modalità di esercizio dei poteri di controllo e disciplinare. L’accordo individuale dovrà, inoltre, tenere conto di eventuali norme collettive applicabili al rapporto: anche se la legge 81/2017 non assegna alcun ruolo formale alle norme collettive, non c’è dubbio che le regole contenute negli accordi che il datore di lavoro ha scelto di applicare valgano per intero. Per quanto riguarda le modalità di comunicazione amministrativa del ricorso al lavoro agile, anche i lavoratori che oggi hanno un regime semplificato saranno soggetti alla disciplina ordinaria: quindi, al contrario di quanto accade oggi per questi soggetti, le comunicazioni con l’applicativo disponibile sul portale “servizi lavoro” dovranno allegare anche l’accordo individuale.
Lo scenario
Tutto questo in uno scenario che, secondo quanto indicato in un report del PoliMi dal titolo “Smart Working: gli impatti su organizzazioni e società” vedrà un consolidamento del lavoro agile. Le organizzazioni infatti prevedono di mantenerlo e solo il 6% non sa se avrà un modello in futuro. Trend che riflette un cambiamento radicato nelle dinamiche lavorative, con ormai poche realtà che non adottano questo modello di lavoro, almeno per una parte della popolazione aziendale. «In confronto al periodo pre-pandemico – spiega il report – che contemplava circa 570 mila lavoratori da remoto in Italia, durante il culmine della pandemia si è registrato il picco massimo, coinvolgendo ben 2.110.000 persone. Numeri scesi nel 2021 fino a 1.770.000 e che lentamente stanno risalendo».
Dunque, se la fase pandemica ha agito da catalizzatore accelerando l’adozione di modelli di lavoro flessibili, ora con il ritorno in ufficio, i dati sembrano indicare la necessità di individuare due modelli che sappiano tenere conto dell’avvenuta mutazione. «Il futuro dello smart working nelle grandi imprese si configura quindi come un terreno fertile per l’innovazione e la creazione di ambienti lavorativi», sottolineano i ricercatori del PoliMi. In questo senso il primo è costituito dalla ricerca di altre forme di flessibilità, tra cui le già citate iniziative di “settimana corta” o l’introduzione di formule di flessibilità oraria più elastiche. Il secondo riguarda l’ampliamento della platea e il coinvolgimento di nuovi profili di lavoratori.