Gli appaltatori, che applicano un contratto collettivo diverso da quello indicato nel bando dalla stazione appaltante, devono presentare la dichiarazione di equivalenza delle tutele economiche e normative applicate.
Infatti, l’articolo 11, commi 1 e 2 del Dlgs 36/2023 (nuovo Codice degli appalti pubblici) stabilisce che le stazioni appaltanti indichino nei bandi il contratto collettivo nazionale e territoriale da applicare al personale impiegato nell’appalto. Gli appaltatori possono inserire nell’offerta il differente contratto collettivo da essi utilizzato, purché garantisca le stesse tutele di quello indicato dall’appaltante. In questi casi, gli operatori sono tenuti a presentare la dichiarazione di equivalenza (commi 3-4), che deve essere controllata dalla stazione appaltante.
Nella nota 1/2023, illustrativa del bando tipo, l’Anac consente tale verifica in sede di aggiudicazione, salvo che l’offerta presentata sia anormalmente bassa. In quest’ultima ipotesi, poiché la stazione appaltante può richiedere spiegazioni anche sui trattamenti economici e normativi applicati ai lavoratori (spiegazioni che, qualora insufficienti, potrebbero comportare l’esclusione), l’Anac opportunamente richiede di anticipare la presentazione della dichiarazione in sede di offerta tecnica.
Il Codice ha quindi salvaguardato la libertà di scelta dell’operatore economico nell’applicare un diverso contratto collettivo rispetto a quello indicato nel bando, ma lo ha gravato dell’onere di dimostrare che tale scelta non pregiudica i diritti economici e normativi dei lavoratori impiegati, compresi quelli in subappalto (articolo 11, comma 5).
Nella medesima nota illustrativa, l’Anac ha precisato che la valutazione «deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche che quelle normative in quanto complesso inscindibile» e, quanto ai trattamenti economici, deve essere effettuata considerando le componenti fisse della retribuzione globale annua (tabellare, contingenza, Edr, mensilità aggiuntive), oltre a specifiche indennità.
Invece, per la verifica delle tutele normative e sulla scorta della circolare 2/2020 dell’Ispettorato nazionale del lavoro, l’Agenzia elenca alcuni parametri che devono essere confrontati (lavoro supplementare e clausole elastiche, lavoro straordinario, disciplina compensativa delle ex festività, durata del preavviso, durata del comporto ed eventuale integrazione dell’indennità in caso di malattia ed infortunio, maternità ed eventuale integrazione, previdenza ed assistenza integrativa, bilateralità, permessi), ammettendo uno scostamento marginale limitatamente a due parametri.
Si tratta, dunque, di un’analisi molto articolata, che non sempre approda a risultati univoci e che richiede notevole esperienza nella ricostruzione del costo del lavoro e nella conoscenza dei contratti collettivi.
Inoltre, nella prassi iniziano a manifestarsi situazioni in cui l’appaltatore sarebbe in grado di colmare, attraverso la contrattazione collettiva aziendale, il divario nelle tutele economiche e normative tra il contratto nazionale indicato nel bando e quello da lui applicato. In questi casi, sarebbe opportuno che le stazioni appaltanti e gli operatori fossero abilitati ad applicare l’articolo 11 sulla base del suo significato complessivo e dell’intenzione del legislatore, che è di introdurre – mediante il rinvio ai parametri del contratto collettivo nazionale – una soglia minima di tutela per i lavoratori.
Sicché, ove tale soglia sia raggiunta dall’operatore mediante l’applicazione di un contratto integrativo, non vi sarebbero ragioni per escluderlo dalla gara. Ovviamente, in questi casi sarebbe onere dell’operatore illustrare – nella relazione da presentare nell’offerta tecnica – le modalità attraverso le quali la contrattazione di secondo livello da lui applicata integra l’equivalenza delle tutele rispetto al Ccnl indicato nel bando.
Si tratta di un passaggio molto delicato e che interessa molte imprese, sicché sarebbe opportuna una indicazione interpretativa a livello centrale.