“Con un primo emendamento inserito nel “corpus” dell’art. 24 del D.L. n. 48/2023 è stata introdotta una eccezione alla normativa dei rinnovi che, in via generale, richiede l’apposizione della causale. Ebbene, d’ora in poi (ovviamente, dopo la pubblicazione della legge di conversione) se il rinnovo avviene nei primi dodici mesi ed il contratto non supera tale soglia, è possibile dar vita al nuovo rapporto senza porre alcuna condizione. Il tutto appare in linea con il principio secondo il quale il contratto a tempo determinato può essere stipulato senza causale fino ad un massimo di dodici mesi raggiungibili, anche con una o più proroghe: è condivisibile, di conseguenza, che ciò avvenga anche attraverso un nuovo contratto per mansioni riferibili al livello della stessa categoria legale di inquadramento.
Ciò vale anche per la somministrazione a termine, attesa la sostanziale equiparazione di tale tipologia contrattuale con il contratto a tempo determinato.
La seconda novità concerne l’azzeramento del computo relativo alla durata dei contratti a termine e della somministrazione a tempo determinato: per tutti i contratti stipulati a partire dal 5 maggio, data di entrata in vigore del D.L. n. 48, il calcolo del periodo massimo consentito (24 mesi o termine diverso previsto dalla contrattazione collettiva, anche aziendale) per mansioni riferibili allo stesso livello della categoria di inquadramento ricomincia “da capo”, con un vantaggio evidente per i datori di lavoro che, in tal modo, possono fruire di una maggiore flessibilità nella utilizzazione dello stesso lavoratore senza dover ricorrere, obbligatoriamente, alle nuove causali (al momento, molti settori ne sono privi non essendo state disciplinate nei vari rinnovi contrattuali, stante il fatto che, in precedenza, le condizioni erano dettate dalla disciplina legale introdotta attraverso il “Decreto Dignità “). È vero che esiste la via alternativa prevista dalla lettera b del nuovo comma 1 dell’art. 19 (condizione derivante da esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva concordata tra le parti), ma la soluzione adottata si presenta coerente con il nuovo quadro normativo.
Un ulteriore correttivo è stato inserito e riguarda la somministrazione a tempo indeterminato per la quale il Legislatore, a suo tempo, ha fissato, per l’utilizzatore, una percentuale non superiore al 20% rispetto al personale assunto alle proprie dipendenze. La novità consiste nel fatto che nella percentuale appena indicata, oltre ai titolari di trattamento di disoccupazione non agricola da almeno 6 mesi ed a quelli che fruiscono di interventi integrativi salariali ed ai lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati, come definiti dal D.M. 17 ottobre 2017 del Ministro del Lavoro, emanato in ossequio alle regole comunitarie, non vi rientrano anche i lavoratori somministrati assunti con contratto di apprendistato. Tale precisazione appare opportuna anche se, in virtù di quanto stabilito dall’art. 47, comma 3, del D.L.vo n. 81/2015, tale tipologia contrattuale non rientra nel computo previsto da leggi o contratti collettivi per l’applicazione di particolari istituti.
Una ulteriore novità riguarda il lavoro intermittente, laddove, in un articolo specifico aggiuntivo, viene estesa al settore del “trasporto a fune” (ossia, agli impianti sciistici) la voce n. 8 dell’allegato al R.D. n. 2657/1923 che riguarda il “personale addetto al trasporto di persone, o cose”: la norma (art. 36-bis) si riferisce ai dipendenti che svolgono, le mansioni di: addetti alla sorveglianza, meccanici ed elettricisti specializzati, preparatori di piste sia con mezzo meccanico (battipista) che manuale, addetti alle operazioni di innevamento programmato, conduttori di cabina, agenti abilitati di pedana e/o ammorsamento automatico, personale addetto alle casse, personale addetto ai rapporti con la clientela, personale addetto al soccorso, guardapista, posteggiatori, spalatori di neve, addetti ai servizi di custodia, vigilanza ed altri servizi di manovalanza.
Ritengo, a questo punto, che una breve riflessione sia necessaria per comprendere come ci si muove nel nostro Paese su alcune questioni che riguardano il lavoro: nel 2004 il Ministro del Lavoro pro-tempore adotto’ un D.M. relativo alla attività e saltuarie demandate dalla legge n. 276/2003 alla definizione delle parti sociali. Si trattava di un provvedimento ponte destinato a decadere con i vari accordi collettivi (che, per la verità, sono stati pochi nel corso di questi anni). Fu richiamato questo Decreto del 1923 che, nel 2008, fu abrogato ma che conserva la propria efficacia con l’allegato per la sola “ratione materiae” che richiama nella maggior parte dei casi attività che rispondono all’Italia di 100 anni fa. Non sarebbe forse giunto il momento per scrivere un testo più adeguato e coerente con i nuovi lavori?
Una ulteriore novità introdotta nel D.L. n. 48/2023 con un emendamento approvato in sede di Commissione Lavoro del Senato, riguarda il riconoscimento di un trattamento integrativo speciale non imponibile, pari al 15% delle retribuzioni corrisposte, in favore di chi opere in orario notturno ed in giorno festivo nei settori del turismo, ricettivo e termale: tutto questo nel periodo compreso tra il 1 giugno ed il 21 settembre 2023. L’obiettivo perseguito dall’Esecutivo (la norma è stata presentata dal Ministro del Turismo) è quello di rendere più agevole l’utilizzazione di manodopera nei fine settimana e durante l’orario notturno (carenza che nel 2023 risulta essere particolarmente pesante).
La norma corrisponde tale incremento ai lavoratori dipendenti che nel corso del 2022 hanno ricevuto un reddito da lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro. Di conseguenza, ci si riferisce ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, a tempo determinato, anche stagionale, a tempo pieno o a tempo parziale, apprendisti e lavoratori intermittenti che si trovano ad operare durante l’orario notturno individuato dal CCNL o nei giorni festivi. Il lavoratore, che dovrà presentare una apposita istanza al proprio datore di lavoro autocertificando il reddito da lavoro relativo all’anno passato, riceverà tale somma in aggiunta a quanto, in virtù di quanto previsto dalla contrattazione collettiva, percepisce a titolo di lavoro notturno e di lavoro festivo.
Tale trattamento, che non concorre a formare reddito per chi lo riceve e che, essendo applicabile dal 1 giugno ha una valenza retroattiva, è, nella sostanza, un credito d’imposta che il datore di lavoro matura nei confronti della Amministrazione finanziaria e che potrà recuperare in compensazione ex art. 17 del D.L.vo n. 241/1997.
Ovviamente, pur essendo la disposizione operativa dal momento in cui la legge di conversione sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale, occorrerà attendere le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate che dovrà rendere noto il codice per la compensazione.
Da ultimo, gli emendamenti non hanno risparmiato neanche lo Smart-working riproponendo, fino al prossimo 31 dicembre, misure che il Legislatore aveva varato durante la pandemia da COVID 19.
Mi riferisco al lavoro agile (al momento, soltanto per i lavoratori del settore privato) per i fragili e per i genitori con bambini al di sotto dei 14 anni, a condizione che tale modalità, per questi ultimi, sia compatibile con la natura della prestazione e che all’interno della famiglia non vi sia un altro genitore che fruisca di ammortizzatori sociali oppure non lavori.
Per costoro si tratta, a mio avviso, di una misura che, seppur ampiamente giustificata durante la pandemia con le scuole chiuse, non ha ragione sostanziale per essere prorogata: essa rischia, nella visione percepita dalle persone, di fornire una visione del lavoro agile non più come strumento organizzativo finalizzato ad una maggiore efficienza lavorativa, ma come mero beneficio accordato ad alcune particolari categorie di lavoratori anche durante il periodo in cui (accadeva anche prima del COVID) le scuole erano chiuse per le vacanze estive.
Per quanto riguarda, infine, i lavoratori fragili (riprendendo le disposizioni in vigore fino al prossimo 30 giugno) vi rientrano:
- i dipendenti affetti da patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, come risulta dal D.M. 4 febbraio 2022;
- coloro che siano tanti accertati dal medico competente come maggiormente esposti al rischio contagio in ragione dell’età o della immunodepressione derivante da patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da condizioni di comorbilita’, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione svolta.”