La Corte di Cassazione – ordinanza n°13902 del 19 maggio 2023 – ha confermato in tema di riporto del credito Irpef tra annualità non consecutive, il riconoscimento del credito qualora il contribuente ne dimostri l’esistenza.
Nel caso in specie, un contribuente aveva impugnato la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, con la quale veniva disconosciuto e recuperato a tassazione un credito d’imposta per IRPEF e per Addizionale Regionale, opposto in compensazione nella dichiarazione dei redditi Mod. Unico. In particolare, il contribuente aveva esposto un credito non derivante dalla precedente dichiarazione (non presentata) bensì derivante dal Mod. Unico di annualità precedente, annualità liquidata dall’AdE ex art. 36 bis con evidenza del relativo credito.
Soccombente nel merito in entrambi i gradi del processo tributario, il contribuente ha adito la Suprema Corte.
Orbene, la Suprema Corte ha accolto il ricorso evidenziando l’errore commesso dalla CTR Lombardia che aveva erroneamente interpretato l’art. 36 bis del DPR n.600/1973, a mente del quale “i dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista nel presente articolo si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente e dal sostituto d’imposta“.
In effetti, hanno continuato gli Ermellini, l’Ufficio, con riferimento al credito in oggetto, non ne contestava l’esistenza, ma eccepiva unicamente la possibilità di procedere alla compensazione, in quanto non era stato indicato nelle dichiarazioni degli anni precedenti, potendo, a suo avviso, il contribuente richiedere soltanto il rimborso.
Gli Ermellini, dopo aver riepilogato i principi generali in materia di emendabilità della dichiarazione, hanno confermato, che nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria recuperi un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l’effettiva esistenza del credito non dichiarato, e, in tale modo, viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, atteso che, da un lato, il suo diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e, da un altro, in sede contenziosa, ci si può’ sempre opporre alla maggiore pretesa tributaria del Fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria.