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Prosegue la decontribuzione Sud

Qui di seguito, un interessante Approfondimento di Eufranio Massi,  Esperto di Diritto del Lavoro, sul tema “Decontribuzione Sud“.

Con una nota ufficiale, pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro, è stato comunicato che la decontribuzione sud per le otto regioni interessate (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) è stata autorizzata dalla Commissione Europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato dell’Unione, fino al 31 dicembre 2023. Prosegue, quindi, “pezzo per pezzo” l’autorizzazione comunitaria, atteso che, sia pure con percentuali decrescenti nelle aliquote contributive (nel 2023 sarà del 30%) essa è prevista fino al 2029.

Ma, quali saranno gli effetti concreti di questa autorizzazione?

Ovviamente, sarà opportuno attendere le comunicazioni amministrative dell’INPS che, a mio avviso, non si discosteranno, di molto, dalle precedenti contenute, essenzialmente, nelle circolari n. 122/2020 e n. 33/2021 oltre che da una serie di messaggi di natura interpretativa. Si tratta di una disposizione che nasce, in origine, nell’art. 27, comma 1, del D.L. n. 104/2020 ma che, poi, si è consolidata nell’art. 1, commi 162 e seguenti della legge n. 178/2020 (c.d. “legge di bilancio per l’anno 2021”).

L’autorizzazione comunitaria consentirà ai datori di lavoro privati (imprenditori e non imprenditori) con unità produttive ubicate nelle otto Regioni sopra nominate, di fruire, per tutto il prossimo anno della contribuzione ridotta del 30%. Sono, tuttavia, esclusi da tale agevolazione gli imprenditori agricoli, i datori di lavoro domestici, le Banche, le Assicurazioni, le imprese finanziarie ed una di soggetti come, ad esempio, gli Enti pubblici economici, gli Enti pubblici Economici, gli IACP, trasformati dalle leggi regionali in Enti pubblici Economici, gli Enti privatizzati per effetto di specifici provvedimenti, le ex IPAB, i Consorzi di bonifica, gli Enti morali e quelli ecclesiastici.

La decisione della Commissione Europea impone, a mio avviso, un breve riepilogo della normativa e delle indicazioni amministrative.

La legge n. 178/2020 stabilì la decontribuzione in maniera diversificata su più anni:

a) 30% fino al 31 dicembre 2025;
b) 20% per gli anni 2026 e 2027;
c) 10% per gli anni 2028 e 2029.

La decontribuzione è applicabile su tutti i lavoratori dipendenti senza alcun limite per le fasce retributive medio-alte.

La decontribuzione non riguarda, ovviamente, i premi ed i contributi INAIL nonché, come altre disposizioni ove si parla di abbattimenti contributivi, la c.d. “contribuzione minore”:

a) Il contributo, se dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato del TFR, secondo la previsione dell’art. 2120 c.c.;
b) Il contributo, se dovuto, ai Fondi bilaterali ex articoli 26 e 27 del D.L.vo n. 148/2015, al Fondo di integrazione salariale (FIS) disciplinato dal successivo art. 29 ed ai Fondi delle Provincie Autonome di Trento e Bolzano di cui parla, infine, l’art. 40;
c) Il contributo dello 0,30% n favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua, secondo la previsione dell’art. 118 della legge n. 388/2000;
d) Le contribuzioni di natura solidaristica.

Il riferimento attraverso il quale si applica la riduzione contributiva è rappresentato dalla sede presso la quale operano i lavoratori e che deve essere ubicata in uno dei territori delle Regioni sopra indicate: essi sono rilevabili dall’UniEmens. All’inizio vi fu una grossa questione che riguardava le Agenzie di Lavoro ubicate in altri territori che somministrano personale a datori di lavoro che si trovano ad operare in “zona di decontribuzione”: la questione fu, abbastanza sollecitamente, superata dall’INPS (nel senso della riconoscibilità dell’agevolazione), su parere conforme del Dicastero del Lavoro, in quanto si tratta di un beneficio che tali imprese riversano sugli utilizzatori.

Proseguendo nel rapido esame della normativa di riferimento occorre sottolineare che, non essendoci una nuova assunzione, non trova applicazione l’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015 ma, unicamente, l’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006.

Ciò significa che per l’accesso al beneficio occorre:

a) Essere in regola con il DURC che per le imprese che fruiscono degli ammortizzatori sociali attraverso i Fondi di solidarietà bilaterali, significa anche essere in regola, dal 1° gennaio 2022, con i versamenti dovuti a detti Fondi per ogni tipo di integrazione salariale;

b) Non aver violato norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (sono, in sostanza, quelle richiamate nell’allegato al D.M. istitutivo del DURC) ed essere in regola con gli altri obblighi di legge;

c) Rispettare gli accordi ed i contratti collettivi nazionali, nonché, se esistenti, quelli regionali, territoriali od aziendali, sottoscritti dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

La decontribuzione, come ricorda la circolare n. 33/2021, è una agevolazione che, nelle intenzioni del Legislatore, sia pure in maniera decrescente, si protrarrà fino al 31 dicembre 2029: essa è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previste dalla normativa, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta, fatta eccezione del caso in cui sussista per qualche beneficio un esplicito divieto di cumulo (è questo il caso, ad esempio, del comma 114 dell’art. 1 della legge n. 205/2017). Laddove si intenda procedere al cumulo, quest’ultimo troverà applicazione in via residuale sulla contribuzione residua del datore di lavoro.

Fatta questa breve premessa che, comunque, riconosce “la copertura europea” allo sgravio contributivo fino al 31 dicembre prossimo, si pone il problema di cosa avverrà per il futuro, atteso che la fine delle agevolazioni si presenta come un traguardo abbastanza lontano (31 dicembre 2029), pur se dopo il 2025, la decontribuzione assumerà un abbattimento abbastanza marcato per giungere nell’ultimo anno alla percentuale del 10%. Finora la soluzione adottata dai Governi italiani che si sono succeduti e, soprattutto, dagli organismi comunitari, è stata quella di autorizzare la “decontribuzione” per periodi (al massimo, annuali): probabilmente, si proseguirà anche per il futuro a seguire la medesima strada.