Legittimo il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile se il datore prova l’esistenza di effettive esigenze tecniche, organizzative e produttive, insuscettibili di essere diversamente soddisfatte e il dipendente rifiuta una posizione lavorativa alternativa.
La tutela rafforzata cui ha diritto il lavoratore che assista con continuità un familiare invalido, infatti, opera nei confronti delle ordinarie esigenze tecniche, organizzative, produttive, legittimanti la mobilità, con il limite della soppressione del posto o di altre situazioni di fatto insuscettibili di essere diversamente soddisfatte.
Con ordinanza n. 33429 depositata l’11 novembre 2022, la Sezione lavoro della Cassazione ha definitivamente rigettato le doglianze sollevate da un dipendente, oppostosi al provvedimento con cui il datore di lavoro lo aveva trasferito ad altra sede lavorativa.
L’uomo, che assisteva con continuità il padre disabile ai sensi dell’art. 33, comma 5, della Legge n. 104/1992, aveva censurato la decisione della Corte d’appello, confermativa del trasferimento, lamentando violazione di legge ed omessa valutazione di un fatto decisivo per la controversia.
Secondo la sua difesa, il trasferimento senza il consenso del titolare della tutela di cui al menzionato art. 33, poteva lecitamente avvenire solo quale alternativa alla risoluzione del rapporto di lavoro, con conseguente necessità di prova dell’impossibilità di ricollocarlo altrove nella stessa sede dove si era verificata la soppressione del posto o in sede più prossima al lavoratore.
Tesi, questa, non condivisa dalla Suprema corte nel suo automatismo: trasferimento e licenziamento del lavoratore rimangono ontologicamente fenomeni diversi, per natura e portata.
Tale lettura, per la Corte, non poteva essere desunta neppure dalla giurisprudenza di legittimità in materia, la quale dà rilievo, in ogni caso, al bilanciamento di interessi nel caso concreto.
Nella vicenda in esame, il giudice di merito aveva ritenuto provata una situazione di fatto non suscettibile di essere diversamente soddisfatta, unitamente al rifiuto del lavoratore all’assegnazione a mansioni diverse in alternativa al trasferimento.
In relazione a tale accertamento in fatto, inoltre, la Corte d’Appello aveva confermato integralmente le statuizioni di primo grado, e si era pertanto realizzata un’ipotesi di cd. doppia conforme, rilevante ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c. e dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
Ne discendeva l’inammissibilità anche della censura di omesso esame di fatti decisivi.