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Licenziamento ricevuto dal Curatore Fallimentare e indennità di mancato preavviso

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 28043 del 29 settembre 2022, ha sancito che nel caso in cui, a seguito della dichiarazione di fallimento del datore di lavoro, il curatore cessi i rapporti di lavoro si configura l’esercizio di una facoltà sottoposta al rispetto delle norme limitative dei licenziamenti individuali e collettivi, tra cui l’obbligo del preavviso. In caso di inosservanza, i lavoratori possono insinuarsi nel passivo fallimentare anche per la relativa indennità.

Nel caso in parola alcuni lavoratori di una società per azioni ammessi allo stato passivo del fallimento per i crediti da lavoro, proponevano opposizione allo stesso atteso che erano stati esclusi i crediti per l’indennità sostitutiva del mancato preavviso. Il Tribunale ordinario rigettava la domanda ritenendo che tale diritto indennitario non potesse configurarsi non essendo il fallimento un evento volontario, né illecito. Secondo i Giudici di prime cure, dunque, non sarebbe configurabile un diritto risarcitorio, nemmeno in considerazione della scelta del curatore fallimentare di procedere con lo scioglimento del rapporto di lavoro.

I lavoratori ricorrevano in Cassazione deducendo violazione dell’art. 72 L. Fall e degli artt. 2118 e 2119 c.c. atteso che la dichiarazione di fallimento non costituisce giusta causa di recesso e che il curatore fallimentare aveva proceduto ad un licenziamento collettivo, istituto che prevede l’obbligo di rispetto del termine di preavviso. Contestavano, inoltre, la natura risarcitoria dell’indennità di preavviso, affermandone la natura indennitaria e, quindi, retributiva. La Corte Suprema ricordava che i rapporti di lavoro ancora in corso alla data di dichiarazione di fallimento, salvo che sia autorizzato l’esercizio provvisorio, “entrano in una fase di sospensione, sicché il lavoratore non ha diritto di insinuarsi al passivo per le retribuzioni spettanti nel periodo compreso tra l’apertura del fallimento e la data in cui il curatore abbia effettuato la dichiarazione prevista dall’art. 72 l. fall., in quanto il diritto alla retribuzione non sorge in ragione dell’esistenza e del protrarsi del rapporto di lavoro ma presuppone, in conseguenza della natura sinallagmatica del contratto, la corrispettività delle prestazioni (Cass. civ. n. 7473/12; Cass. civ. n. 13693/18)”. I Giudici ribadivano, inoltre, che la dichiarazione di fallimento non integra una giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro. Il curatore infatti, a tutela della soddisfazione delle ragioni dei creditori, ha a disposizione un arco di tempo per decidere se optare per il subentro nei rapporti di lavoro, assumendo tutti gli obblighi dell’imprenditore fallito, oppure per la cessazione dei contratti. Nel caso in cui il curatore, come nel caso di specie, opti per lo scioglimento dei rapporti l’effetto di tale scelta non è generato dalla dichiarazione di fallimento, bensì dall’esercizio di una facoltà comunque sottoposta al rispetto delle norme limitative dei licenziamenti individuali e collettivi (Cass. n. 522/2018; Cass. n. 14503/2019). Difatti “in tema di licenziamenti collettivi, la disciplina prevista dalla legge 223/1991 ha una portata generale ed obbligatoria, anche nell’ipotesi in cui, nell’ambito di una procedura concorsuale, risulti impossibile la continuazione dell’attività aziendale, e, nelle condizioni normativamente previste, si intenda procedere ai licenziamenti: ciò che, pertanto, comporta anche l’obbligo di rispetto del termine di preavviso”. In caso di mancata osservanza dell’obbligo di preavviso, i lavoratori hanno dunque diritto all’indennità sostitutiva.

Per questi motivi, la Corte accoglieva il ricorso, cassava il decreto impugnato e con decisione nel merito ammetteva i lavoratori ricorrenti allo stato passivo del Fallimento in via privilegiata ex art. 2751-bis per gli ulteriori crediti spettanti a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.

Fonte Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli