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Il CCNL è applicabile al rapporto di lavoro sulla base di comportamenti concludenti del datore di lavoro, indipendentemente dalla sua adesione all’associazione stipulante

La Corte di Cassazione, sentenza n. 28905 del 19 ottobre 2021, ha (ri)statuito che i contratti collettivi sono applicabili nei singoli rapporti di lavoro anche quando il datore di lavoro non sia iscritto alle associazioni dei datori di lavoro stipulanti, nel caso in cui l’adesione agli stessi risulti da fatti concludenti.

Nel caso de quo un lavoratore ricorreva in Tribunale, rivendicando il pagamento della parte variabile del premio di partecipazione, previsto dal contratto integrativo interaziendale.

I Giudici di merito, esprimendosi in favore del lavoratore, affermano che la società datrice, la quale lamentava di avere disdetto la propria adesione all’associazione nazionale di rappresentanza della parte datoriale, aveva comunque continuato ad erogare ai lavoratori dipendenti diverse voci retributive di carattere indennitario ed incentivante previste dal contratto integrativo, pertanto, appariva illegittimo il rifiuto di provvedere al pagamento di questa ulteriore somma. 

Il datore di lavoro, impugnava la sentenza in Cassazione. Quest’ultima, rigettando il ricorso, afferma che i contratti collettivi non dichiarati efficaci  erga omnes, ai sensi della Legge n. 741/1959, rappresentano atti aventi natura negoziale e privatistica, applicabili nei rapporti tra i soggetti che abbiano aderito alle associazioni stipulanti, oppure, in mancanza di tale condizione, vi abbiano esplicitamente aderito, ovvero li abbiano implicitamente recepiti per fatti concludenti, ossia ne abbiano comunque applicato le clausole ai singoli rapporti di lavoro per un prolungato periodo di tempo, senza alcuna contestazione.

Orbene, il comportamento tenuto dal datore di lavoro che, pur avendo disdetto formalmente la propria adesione all’associazione sindacale dei datori di lavoro anni addietro, aveva continuato ad erogare le somme previste dal contratto integrativo, rappresentava, a parere degli Ermellini, un comportamento concludente dal quale era possibile desumere l’intenzione del datore di lavoro di continuare ad applicare il contratto collettivo integrativo nei singoli rapporti.

Per le ragioni esposte, confermando la statuizione dei Giudici di merito, la Suprema Corte rigettava il ricorso del datore di lavoro.