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Erogazione al lavoratore di indennità per mansioni superiori – Nulla a pretendere

L’Inps non è tenuta a corrispondere le differenze retributive di un lavoratore che ha svolto mansioni superiori rispetto il proprio inquadramento sempre che a quest’ultimo gli vengano riconosciute delle indennità compensative (CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27/10/2021, n. 30321).

Il caso di specie riguarda il ricorso presentato da un lavoratore per ottenere il riconoscimento del diritto al superiore di inquadramento ed alla corresponsione delle differenze retributive rispetto all’area di inquadramento a lui attribuita.
Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso del lavoratore soltanto in merito la domanda concernente le pretese differenze economiche per effetto dell’accertato svolgimento di mansioni superiori.
L’Inps di contro ha presentato ricorso dapprima respinto in Appello e poi accolto in Cassazione che in casi analoghi ha avallato la decisione della Corte territoriale ed aveva accolto la tesi dell’Inps, affermando che non potevano essere rivendicate differenze retributive per il periodo precedente l’ultimo inquadramento in quanto per scelta delle parti contrattuali, a seguito dell’introduzione del lavoro per processi ed in particolare della sperimentazione organizzativa e dei crescenti compiti che ne erano scaturiti, al personale di sesta qualifica era stata riconosciuta una doppia indennità – e cioè il salario di professionalità (correlato al percorso di accrescimento professionale di ogni dipendente rispetto alla qualifica di appartenenza) e l’indennità collegata a sperimentazione e formazione del personale – che compensava la maggiore professionalità richiesta rispetto ai contenuti di ciascuna qualifica ed il cui complessivo ammontare determinava addirittura il superamento delle differenze tabellari rivendicate.
Non è, quindi, condivisibile il ragionamento della Corte bolognese nella parte in cui, nell’escludere l’asserita duplicazione del salario di professionalità, dell’indennità di sperimentazione e del conseguente trattamento di garanzia, afferma che era stato adottato il criterio del conglobamento, a mente del quale era stata calcolata la differenza tra retribuzione ed elementi accessori percepiti nella qualifica formalmente rivestita e gli stessi emolumenti principali ed accessori propri del profilo “ad quem” in relazione al disimpegno di fatto delle relative superiori mansioni.
In tal modo la Corte territoriale non ha considerato che le quote di salario accessorio erano state corrisposte per lo svolgimento delle attività superiori e della formazione e che le stesse dovevano essere detratte dalle differenze retributive reclamate
Pertanto, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello che procederà alla rideterminazione delle differenze retributive sulla scorta dei suddetti principi.

Fonte Teleconsul Editore SpA