La Corte di Cassazione, ordinanza n° 22365 del 5 agosto 2021, ha statuito che le dimissioni sono un diritto potestativo del lavoratore, ma la qualificazione delle stesse – quale giusta causa – necessita dell’accertamento del Giudice, quanto all’indennità di mancato preavviso conseguenziale.
Il caso esaminato dagli Ermellini ha riguardato le dimissioni per giusta causa di una lavoratrice che otteneva un decreto ingiuntivo per le ultime competenze di fine rapporto, comprensive dell’indennità di mancato preavviso. Il datore, oppostosi al decreto ingiuntivo, è risultato soccombente nel primo grado, ma vittorioso nel giudizio di appello.
I Giudici di Piazza Cavour hanno confermato il decisum della Corte distrettuale affermando che il lavoratore non può ergersi a Giudice del suo caso, atteso che questi deve sempre chiedere l’accertamento della causa delle sue dimissioni e, soltanto dopo aver ottenuto una sentenza di accertamento per “giusta causa”, avrebbe potuto pretendere l’indennità de qua.
I Giudici della Suprema Corte, infine, hanno altresì precisato che qualora il datore di lavoro ritenga che non sussistano ragioni per una giusta causa può procedere indicando in UNILAV la motivazione “dimissioni per giusta causa” invocata dal lavoratore, atteso che ciò non è determinante ai fini dell’indennità di preavviso, ovvero comunica agli Enti competenti che, a suo avviso, debbano essere intese quali comuni dimissioni volontarie, affinché non vengano erogate le prestazioni a sostegno del reddito (Naspi).