Share:

Criteri di scelta nel licenziamento collettivo

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10995/2021, depositata il 26 aprile, ha statuito la legittimità del licenziamento collettivo messo in atto da un’azienda per la riduzione del personale in esubero ritenendo sufficiente, nella comunicazione dei licenziati, il riferimento all’elenco dei lavoratori in esubero, in applicazione del criterio della pensionabilità, esattamente coincidenti con il numero dei dipendenti licenziabili.

Nel Caso in esame, un dipendente contestava la procedura di licenziamento collettivo per riduzione del personale conclusasi con la risoluzione del rapporto di lavoro di quindici dipendenti, impugnando il recesso. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello confermavano la legittimità del provvedimento; in particolare, i Giudici di secondo grado rilevavano che nell’accordo sindacale, approvato anche dalle assemblee dei lavoratori, le parti avevano circoscritto il nucleo dei lavoratori interessati alla applicazione del criterio del pensionamento, riferito ai dipendenti nati prima dell’1 gennaio 1965 e che l’esito delle verifiche, a cui avevano titolo a partecipare le organizzazioni sindacali e la R.S.U. di cui il lavoratore era componente, aveva condotto all’accertamento della coincidenza dei lavoratori licenziabili in base al criterio adottato con il numero degli esuberi. Risultava, pertanto, superfluo il ricorso alla indicazione di ulteriori parametri selettivi da inserire nella comunicazione.

Avverso tale pronuncia il lavoratore ricorreva in Cassazione, sostenendo che la comunicazione inviata non poteva essere ritenuta sufficiente, vista la mancata indicazione per iscritto di un elenco nominativo dei lavoratori licenziati e delle “informazioni idonee a rendere comprensibili al lavoratore le ragioni della scelta del personale da esodare”.

I Giudici, pur rimarcando che in materia di licenziamenti collettivi la determinazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare deve rispettare non solo il principio di non discriminazione, sanzionato dalla L. n. 300 del 1970, art. 15, ma anche il principio di razionalità, alla stregua del quale i criteri concordati devono avere i caratteri dell’obiettività e della generalità e devono essere coerenti con il fine dell’istituto della mobilità dei lavoratori, ritenevano “razionalmente adeguato il criterio della prossimità al trattamento pensionistico, stante la giustificazione costituita dal minore impatto sociale dell’operazione”. Evidenziavano, inoltre, che l’indicazione dell’elenco dei dipendenti in esubero, in applicazione del criterio della pensionabilità, esattamente coincidente con il numero del personale licenziabile, era idonea a consentire la puntuale verifica delle modalità di applicazione del criterio stabilito. Già in passato la Suprema Corte aveva ritenuta corretta la comunicazione indicante specificamente, come criterio di scelta, il possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità o vecchiaia, la cui natura oggettiva rendeva superflua la comparazione con i lavoratori privi del requisito stesso. In questo caso specifico il criterio della prossimità al pensionamento veniva correttamente applicato, in quanto idoneo a formare una graduatoria rigida senza alcun margine di discrezionalità da parte datoriale nella individuazione dei lavoratori da licenziare.

In conclusione, gli Ermellini ritenendo che la comunicazione contenente l’indicazione dei soggetti licenziati fosse sufficiente a dar conto delle ragioni della scelta, senza, quindi, la necessità di ulteriori comparazioni fra lavoratori tali da imporre un obbligo di puntuale comunicazione, data anche la coincidenza del numero del personale licenziabile con quello effettivamente licenziato, rigettavano il ricorso e dichiaravano legittimo il licenziamento.