La Corte di Cassazione, sentenza n. 36729 del 25 novembre 2021, afferma che durante il periodo di sospensione del rapporto di lavoro permane in capo al lavoratore l’obbligo di reperibilità, restando immutato il vincolo di subordinazione esistente tra le parti.
Nel caso de quo un lavoratore ricorreva in Tribunale per impugnare giudizialmente il licenziamento disciplinare intimatogli dal datore di lavoro, in seguito all’accertata omissione di comunicazione della variazione dell’indirizzo di reperibilità durante il periodo di malattia. Mentre il Tribunale annullava il licenziamento e condannava la società datrice alla reintegrazione, la Corte d’Appello in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava illegittimo il licenziamento, condannando però il datore di lavoro al pagamento di una mera indennità risarcitoria, invece che alla reintegra, ritenendo che l’omissione del lavoratore con riferimento alla variazione del proprio domicilio rappresentasse una violazione degli obblighi a lui imposti dal contratto collettivo, che aveva di fatto limitato il pieno esercizio del potere di controllo riconosciuto al datore di lavoro.
Il lavoratore ricorreva dunque in Cassazione. La Suprema Corte afferma che l’assenza per malattia rappresenta un’ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro, secondo la definizione fornita dal codice civile, tuttavia, la sospensione si riferisce unicamente alla prestazione lavorativa e non anche al rapporto di subordinazione, che resta sempre presente, anche al verificarsi dell’evento morboso. Questa circostanza comporta che durante la malattia restino in capo al datore di lavoro il potere direttivo ed il potere di controllo, in forza dei quali egli potrà procedere all’accertamento di circostanze volte a dimostrare l’insussistenza dello stato di malattia o la non idoneità dello stato di salute del lavoratore a determinare l’incapacità lavorativa. Se quindi durante il periodo di sospensione del rapporto il datore di lavoro può esercitare i poteri a lui riconosciuti, permane in capo a lavoratore l’obbligo di reperibilità, in quanto si tratterebbe di un’esplicazione del suo obbligo di cooperare nell’impresa. Tuttavia, laddove, tale obbligo venga specificamente, come nel caso in oggetto, previsto dal contratto collettivo ed in caso di sua violazione venga prevista una mera sanzione conservativa, sarà applicabile al lavoratore la tutela reintegratoria stabilita dall’art. 18 comma 4 della Legge n. 300/1970. Pertanto, per le ragioni esposte, i Giudici di Piazza Cavour cassano la sentenza, rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione.